da Roma
Dimenticanza non può essere stata. Un silenzio scelto appositamente sarebbe stato sgarbo diplomatico di primo livello. E così tanto gli israeliani padroni di casa che lentourage prodiano hanno fatto finta si sia trattato di involontaria gaffe del presidente del Consiglio. Che ieri, in un hotel del centro della capitale, ospite dellambasciata di Gerusalemme che celebrava i 59 anni di vita dello Stato israeliano, si è guardato bene dal pronunciare una sola parola sulla ripresa della pioggia di razzi di Hamas dalla striscia di Gaza. Salvo cercare di recuperare in serata - dopo un incontro con Abu Mazen - con un generico comunicatino di «condanna», condito peraltro da assicurazioni ai palestinesi che lItalia «si impegnerà per la ripresa degli aiuti Ue ai palestinesi». Brutto affare. Anche perchè in mattinata il presidente del Consiglio si era limitato a benedire il rapporto «di amicizia» tra Italia e Israele, aggiungendo che una «vera pace» in Medio Oriente la si potrà ottenere solo «con la creazione di uno Stato palestinese indipendente e sovrano». Gelo o poco meno, in una platea composta da numerose personalità italiane, ma in maggioranza da ebrei della capitale. «Speriamo solo che Prodi e DAlema chiedano almeno conto ad Abu Mazen dei perchè di questo tradimento degli accordi» ha osservato brusco Riccardo Pacifici, portavoce della comunità ebraica di Roma. Già. Perchè giusto ieri mattina era arrivato il presidente palestinese che da qualche settimana gira per paesi europei per convincere la Ue a riaprire i rubinetti del finanziamento al suo paese, interrotto da quando Hamas, che continua a non riconoscere Israele, ha preso il sopravvento nei territori nelle ultime elezioni. Il governo di coalizione messo in piedi dopo aver sfiorato la guerra civile tra militanti di Hamas e Fatah, dovrebbe costituire di per sè - secondo Abu Mazen - la prova che si vuole collaborare alla ricerca della pace. Ma Gerusalemme, e ieri lambasciatore Ghideon Meir lha detto senza peli sulla lingua, è convinta invece che Hamas, assieme agli Hezbollah finanziati da Teheran e Damasco, persegua il suo obiettivo di sempre: «la distruzione di Israele». Prodi, davanti alla brusca disamina da parte di Meir ha però preferito svicolare. Molte parole di circostanza, tanti inviti al dialogo ma nulla più. E così al termine del suo intervento sono stati pochi e gelidi gli applausi di cortesia, mentre ovazioni ha ricevuto Gianfranco Fini (Berlusconi si era scusato per non poter intervenire a causa di impegni milanesi) per il quale non ci si può «non schierare per la linea della fermezza, che non è una scelta politica ma un dovere morale» contro chiunque «predichi e pratichi il terrorismo». La comunità internazionale, secondo il leader di Alleanza nazionale non può e non deve accettare chi non rispetta il diritto allesistenza di Israele, perchè «non basta vincere le elezioni per potersi definire democratico».
Tanti i politici italiani presenti alla cerimonia, ma non tutti hanno detto la loro rispetto allannuncio della cessazione unilaterale della tregua da parte di Hamas. DAlema ha scelto il silenzio: in serata aveva in calendario lappuntamento con Abu Mazen. Così è stato Fassino per i Ds ad ammettere come davanti alla violazione della tregua dei palestinesi, «episodio che può farci tornare indietro», bisogna che «tutti lavorino per impedire lacerazioni e rotture». Più deciso invece il fronte del centrodestra nel condannare i rischi che il precario equilibrio raggiunto negli ultimi mesi possa essere nuovamente messo a soqquadro. «Fino a quando Hamas tiene questa posizione non vedo come si possano ammorbidire le posizioni» il giudizio di Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia. «Da Abu Mazen occorre una chiarezza che non cè» la considerazione del segretario del Pri Nucara.
E chiarezza, oltre che in Vaticano (dove il segretario di Stato Bertone nota come «davanti a tante iniziative di pace cè speranza che portino frutti» dopo il colloquio tra il presidente palestinese e Benedetto XVI) Abu Mazen se la sente chiedere in serata alla Farnesina. DAlema infatti loda il governo di unità nazionale di Hamas e Fatah, ma - dettosi preoccupato per la rottura della tregua - tiene a puntualizzare che «lazione del nuovo esecutivo deve accettare pienamente i tre principi indicati dal quartetto, in particolare per quel che riguarda il riconoscimento di Israele».
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