Prodi sponsorizza il riarmo cinese Poi vola a incontrare Ahmadinejad

Il premier: «Via l’embargo, sì a una sola Cina». Ma l’Ue lo stoppa. E per Verdi, Prc e Radicali è «inaccettabile»

Alessandro M. Caprettini

da Roma

Mica solo la politica estera berlusconiana. A Romano Prodi va stretta anche quella delle Ue e, a ben vedere, pure quella della sua maggioranza. Visto che ieri a Pechino si è smarcato a sorpresa dalla posizione che lega la revoca dell’embargo di armi alla Cina a effettivi passi avanti del regime comunista sui diritti umani. Sollevando un vespaio non solo a Bruxelles, ma anche a Roma dove - al di là delle scontate proteste dell’opposizione - anche Verdi, Radicali e Rifondazione hanno contestato vibratamente la sua dichiarazione unilaterale. E non basta: nei suoi colloqui nella Città Proibita, il Professore ha «espresso la ferma adesione dell’Italia alla politica di una sola Cina».
La trasferta si è chiusa con un piccolo contrattempo. Dopo l’incontro conclusivo con il premier Wen Jiabao e il presidente Hu Jintao, il premier è rimasto quaranta minuti dentro l’aereo, bloccato a motori spenti sulla pista: mancava l’ok russo al piano di volo che prevedeva uno scalo tecnico a Mosca. Prodi si è comunque detto molto soddisfatto della visita e, a sorpresa, ha tirato fuori dal suo cilindro la questione: «Resta fondamentale - ha detto - affrontare il tema dell’embargo alla vendita d’armi. Occorre continuare a lavorare coi nostri principali partner per giungere alla sua abolizione». Ha anche cercato di spiegare il perché, sostenendo che «la posizione italiana non è una novità». Secondo lui intanto i cinesi ritengono l’embargo Ue «una discriminazione» di cui sono «profondamente risentiti». E, ancora, «vi è un commercio da altri Paesi già molto copioso per cui lo sblocco non cambierebbe radicalmente la situazione». Il Professore ha anche sostenuto che in Europa sono parecchi a voler riconsiderare l’embargo.
Peccato che poche ore dopo, da Bruxelles, sia arrivata una smentita secca dai palazzoni Ue. «La commissione - ha fatto sapere un portavoce di Barroso - è disponibile a discutere, ma bisogna attendere progressi sul piano dei diritti umani e per questo mantiene le sue riserve». L’embargo sulla vendita di armi alla Repubblica popolare cinese, com’è noto, fu deciso dopo i fatti di Tien An Men dell’89. Un paio d’anni fa, su sollecitazione tedesca e francese, si pensava di riaprire il discorso, ma le decisioni di Pechino di adottare la cosiddetta legge anti-secessione di Taiwan bloccò l’idea del ripensamento. Ci fu anche un voto dell’Europarlamento.
Ma se è isolato in Europa, Prodi rischia forse di esserlo di più in Italia. «Sono sbalordito! Tutte le forze del centrosinistra hanno votato, anche recentemente per il mantenimento dell’embargo» ha fatto sapere Vittorio Agnoletto (Prc) che ha bollato poi come generiche le prese di posizione di Prodi sui diritti umani in Cina. «Assolutamente contrari: anzi, chiediamo che al prossimo Consiglio dei ministri si discuta di un codice etico per le imprese italiane che commerciano con l’estero», la replica del presidente dei Verdi a Montecitorio, Angelo Bonelli. «Inaccettabile» l’idea secondo il radicale D’Elia, che non si mostra comunque stupito visto che Prodi era per lo sblocco anche da presidente Ue. E persino il diessino Ranieri boccia seccamente il premier: «Su una questione di tale delicatezza non potrà che essere la Ue a decidere e l’Italia uniformerà i propri comportamenti».
Non è dato sapere come abbia reagito anche perché da Pechino è volato a New York per l’assemblea generale dell’Onu, annunciando trionfalmente che avrà un faccia a faccia col presidente iraniano Ahmadinejad, su sua richiesta. E anche qui fioccano - da destra - accuse. «Del tutto inopportuno viste le accuse di Khamanei a Papa Benedetto XVI» osserva Sandro Bondi, coordinatore nazionale di Forza Italia.

«Esempio di mortadel-policy unico al mondo» sfotte il presidente dei deputati Udc Volontè. «Già che c’è - rincara il leghista Roberto Calderoli - chieda a questo punto agli iraniani di mettere una buona parola per fargli incontrare Osama Bin Laden...».

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