Alessandro M. Caprettini
da Roma
La fanfara, hanno dovuto rinunciare a usarla. Dopo un paio dore di summit a palazzo Chigi, Prodi e compagni - pur formalizzando la decisione che lItalia manderà truppe nel contingente Onu che sarà forza dinterposizione nel Libano del Sud - si sono dovuti del resto arrendere agli hezbollah. Che nel governo di Beirut hanno cominciato a frapporre cento e uno ostacolo al varo definitivo da parte libanese del «sì» alla risoluzione Onu.
Senza accordo tra le parti, nulla da fare, avevano garantito il presidente del Consiglio, ma anche DAlema e via via per i rami tutti i ministri dellUlivo ad una base riottosa sullala sinistra. E il placet degli hezbollah, manca ancora. E qualcuno fa trapelare di esser preoccupato che non ci sia mai. Così il vertice tra Prodi, DAlema, Amato, Parisi e successivamente allargato al sottosegretario Letta e al ministro dei Beni Culturali Rutelli (si spera nelle vesti di vice-premier...) si è rivelato una sorta di buco nellacqua. Non si è parlato di quanti soldati potrebbero andare, visto che - come ha spiegato Prodi - prima bisognerà capire come sarà organizzata la forza multinazionale Onu, chi ci sarà e con che compiti. Cose che potrebbero esser discusse al palazzo di vetro, già questa mattina. Non si è parlato neanche del suo finanziamento - anche se proprio il presidente del Consiglio nel pomeriggio ha analizzato i buchi nel bilancio della Difesa assieme a Padoa-Schioppa - visto che non si sa in quanti e quali dovranno andare. E a quanto pare nemmeno è stato toccato lo spinosissimo tema delle regole dingaggio, visto che la risoluzione Onu è assolutamente vaga sulla materia e si attendono chiarimenti.
Che si è fatto allora in quelle due orette serali, messe in programma con entusiasmo, quasi si trattasse di uno snodo fondamentale del programma ulivista? Intanto si è deciso di provare ad afferrare il toro per le corna prima che potesse far danni sensibili: cè chi a sinistra continua a inorridire per lidea di una missione militare? «La nostra è una applicazione seria dellarticolo 11 della Costituzione!» ha spiegato al termine dellappuntamento Prodi. Faceva riferimento allultimo comma del richiamatissimo «lItalia ripudia la guerra...», laddove si dice che la Repubblica però «promuove e favorisce le organizzazioni internazionali» volte ad assicurare «pace e giustizia». Insomma, si può andare sulle rive del Litani, anche con i soldati. Peccato che per lIrak, la formula non valesse, almeno a sinistra. E ancora, il premier - che in mattinata aveva fatto visita a Napolitano nella tenuta di Castelporziano - ha sottolineato come la missione potrà essere «una grande occasione di coesione politica nazionale». Come a dire che si aspetta che anche lopposizione dia il suo sì, senza se e senza ma.
In realtà è più dalle frange della sua sinistra che il presidente del Consiglio si deve guardare, sul fronte interno. Mugugni e contestazioni si vanno allargando a macchia dolio. E a contribuire ad una estensione potrebbero essere regole dingaggio e tipo di intervento che potrebbe esser richiesti al nostro paese, specie se lOnu reclamasse mezzi blindati, aerei senza pilota o brigate tipo Folgore o Lagunari. Parisi, responsabile della questione, è stato abbottonato. Sè limitato ad osservare che la missione Unifil smette i panni del guardalinee e infila quelli dellarbitro. Ma non si è riusciti a fargli dire se in quel ruolo i caschi blu avranno anche il cartellino rosso o meno.
Su una sola cosa Parisi era stato chiarissimo: «occorre far presto» perché solo così si potrà giungere alla tregua. Concetto condiviso da DAlema.
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