«Professore nemico dell’Ue»: ecco il dossier di Forza Italia

Tra le accuse i tagli dei funzionari e la condanna della Corte europea per la creazione dell’Irap. I dubbi sugli appalti Nomisma e le critiche di Blair

Alessandro M. Caprettini

nostro inviato a Strasburgo

Non bastasse il lungo elenco di doglianze che Antonio Tajani, vicepresidente del Ppe, sgrana come un rosario per testimoniare la trasformazione di Romano Prodi da numero uno della Ue ad arci-nemico delle norme comunitarie, ecco che dai corridoi dell’Europarlamento si dipana un nuovo spiffero velenoso, di provenienza britannica. È vero o non è vero che son mesi che Tony Blair spintona il Professore per la costruzione del rigassificatore di Brindisi, del valore di 330 milioni di euro, per il quale, assieme all’Enel, è assegnataria la British Gas?
Ed è vero o non è vero che, dopo il no di Vendola e della Provincia, è stato affidato uno studio di impatto a Nomisma (guarda chi si rivede!) che garantisce occupazione e arricchimento per la zona?
Sbuffa Stefano Zappalà, che proprio sui «troppi coinvolgimenti» della società bolognese fondata da Prodi ha aperto un capitolo di interrogativi formali a Bruxelles e in Alsazia e annuncia una nuova interrogazione sul caso-Brindisi. «Diranno che il premier italiano non c’entra, ma sempre di più a me pare che Prodi stia a Nomisma come Moggi stava alla Gea. Anche lì il dirigente juventino non figurava direttamente, ma c’erano parenti e amici... Mi chiedo cosa aspetti l’Olaf a entrare in azione dopo le ammissioni della commissione sui milioni di euro dati a De Castro. Anzi, mi sa che a questo punto finirò per sollecitare una inchiesta dell'organismo europeo anti-frode».
E intanto Tajani srotola il rosario delle accuse contro Prodi: si rifiuta di presentarsi davanti al Parlamento Europeo, pur avendo concordato una data per ottobre; sul mercato interno si muove come un dirigista schiacciasassi pretendendo di dar ordini a Telecom e finendo sotto accusa per la sua contrarietà alla fusione di Autostrade con gli spagnoli. Rischia di perdere i finanziamenti comunitari per la Torino-Lione e garantisce invece ai cinesi la riapertura del mercato d’armi nonostante un secco no dell’Europarlamento. «Un vero anti-europeo» nota laconico il capogruppo azzurro. Al suo fianco, Brunetta ammette che le accuse di Almunia contro la Finanziaria che si va approntando non sono certo di poco conto. Ancora, i parlamentari azzurri si scagliano contro le ipotesi fatte sulla «stanza del buco» ipotizzata dal ministro Ferrero in quanto si rileva come la Ue consideri «l’esistenza di politiche repressive nazionali un prerequisito necessario per una politica comune e credibile di contrasto alla droga». E non finisce qui.
È un elenco lungo una quarantina di cartelle, quello illustrato ieri sera dalla delegazione di Forza Italia. Non si risparmiano a Prodi - con tanto di allegati - i tagli subiti dall’Italia in termini di funzionari europei di alto livello, la condanna della Corte di giustizia europea sulla creazione dell’Irap di Visco, le antinomie che si ritrovano tra gli auspici Ue in tema di pensioni e le velleità di cambiamento espresse in Italia da Ulivo e compagni (che portano il leader dei pensionati Fatuzzo a smarcarsi dal centrosinistra per rientrare nel centrodestra). E naturalmente, Nomisma: una sorta di prezzemolo che accompagna fin troppo spesso i piatti di creazione prodiana nelle portate economiche.
La sorpresa - della scorsa settimana - è l’ammissione di commesse per 8 milioni di euro affidate a Di Castro, divenuto presidente della società nel 2001, subito dopo la sua permanenza a Bruxelles al fianco del professore, come speciale consulente per l’agricoltura. Un caso? «Già - borbotta Zappalà -, come vorrei capire se è sempre un caso che per convincere il governatore pugliese a fare il rigassificatore sia stato affidato uno studio a Nomisma. Forse perché l’attuale ministro dell’Agricoltura, brindisino, si chiama Di Castro? Sarà mica lo stesso uomo?» ride di gusto.
Chiaro che l’opposizione berlusconiana ripaghi oggi della stessa moneta l’Ulivo che non mancava di armarsi con spingarde e molotov ogni qual volta Berlusconi, da premier, saliva in Europa.

Solo che Prodi a Bruxelles e Strasburgo è citato più per le sue direttive in barba alla Ue che per altro. E che, paradosso tutto italiano, anche per lui si tira in ballo la tv. Non per la sua proprietà (anche se la Rai dei partiti resta indigesta) quanto per il titolo di una trasmissione: chi l’ha visto?

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