Pupo in scena senza filtri: "Canto e racconto tutto"

Il cantante toscano al Teatro Manzoni di Milano: "Ero dipendente dal gioco, volevo esibirmi per la pace a Yalta"

Pupo in scena senza filtri: "Canto e racconto tutto"
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C'è chi vive con il freno a mano tirato, e chi la vita se la prende sfidando l'autovelox: Enzo Ghinazzi in arte Pupo, seppur senza gli eccessi da rockstar, la vita non se l'è certo gestita parcheggiando aspirazioni e sentimenti. Per l'entusiasmo ha sbandato qua e là, ma il suo sorriso contagioso è ancora il suo migliore biglietto da visita. Ora il cantautore toscano, classe 1955, titolare di successi come «Gelato al Cioccolato», «Su di noi» e «Sarà perché ti amo» (scritta per i Ricchi e Poveri) ha deciso di raccontare la sua vita in una recital intitolato «Su di noi La nostra storia», in scena al Teatro Manzoni il 15 e 16 maggio. Musica e aneddoti si rubano il tempo, ma non perdono il ritmo.

Pupo, alla soglia dei 70 ha deciso di confessarsi sul palco?

«Sì, ma lo farò a modo mio: di due ore di spettacolo, metà la dedico alle mie canzoni, con una band di ottimi elementi e due coriste, il resto a raccontare successi e errori della mia vita. Ci sarà uno schermo gigante, proiezioni, foto, talvolta canterò in sincrono con le immagini».

Tirando le somme, più i successi o gli errori?

«Penso più i primi: ho vissuto e sto vivendo di musica, ho una famiglia che mi vuole bene, una figlia, Clara, che debutta come solista e con la quale sul palco canto "Centro del mondo", una canzone che parla di genitori e figli. Se si pensa che io nemmeno volevo fare il cantante».

Questa è nuova.

«La verità è che sono diventato musicista per un incidente in motorino: mi feci male, la musica era un innocuo hobby di famiglia, avevo degli zii che suonavano in un complessino. Mi venne regalata una chitarra, per passare il tempo mentre ero immobile a letto. Imparai da solo a suonarla».

E il sacro fuoco dell'ispirazione?

«Io non so come mai quando mi metto a suonare mi escono le melodie, ci sono nato. Però non dimentico perché ho iniziato a suonare e cantare: non il successo economico, io volevo fare colpo sulle donne».

Dunque non si sente un predestinato?

«Macché. Fino a poco tempo fa mi sono sempre sentito di passaggio. È un sentimento che, mi ha confessato il mio caro amico Gianni Morandi, ha sempre provato anche lui. Raccogli successi e ti senti comunque precario, ti dici: ok, ora finisce tutto».

Morandi in concerto al Senato: giusto o sbagliato?

«Giustissimo. Le canzoni sono cultura popolare, possono arrivare ovunque. Io avevo una canzone sulla pace che avrei portato in Russia a Yalta, ma mi hanno fatto una testa così. Non ci vado più, ma lo faccio più per i miei collaboratori e la mia famiglia: ho subito velate minacce professionali. Laggiù sarei potuto essere un veicolo, magari piccolo ma utile, di pace».

Ha detto che il suo racconto sarà senza filtri: cosa intende?

«Parlerò anche delle mie dipendenza dal gioco d'azzardo, ereditata geneticamente da mio padre, e che ora tengo a bada da 20 anni.

Dirò delle mie follie imprenditoriali: ho buttato via tanti di quei soldi in imprese alberghiere, ristorazione e ho tentato pure di fare l'orafo. Ma sono ancora qui».

(info: «Su di noi... la nostra storia», monologo e canzoni di Pupo, domani e martedì 16 maggio, Teatro Manzoni, via Manzoni, 42, ore 20.45, biglietti da 30 euro)

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