da Los Angeles
Fresco della vittoria come miglior film drammatico ai Golden Globes, The Brutalist, filmone di tre ore e mezza diretto da Brady Corbet arriva al cinema in Italia il 23 gennaio.
Il dramma epico racconta la storia dell'architetto ungherese László Toth interpretato da Adrien Brody, sopravvissuto all'Olocausto che emigra negli Stati Uniti dopo essere fuggito dall'Europa sotto influenza sovietica, nel 1947. In attesa del ricongiungimento con la moglie Erzsébet, interpretata da Felicity Jones, l'architetto trova ospitalità e un lavoro nell'azienda di mobili del cugino Attila, interpretato dall'italiano Alessandro Nivola. Il suo talento viene scoperto da Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce), un ricco industriale che cambierà la sua vita, anche in modo tragico.
«Quando ho ricevuto il copione, quattro anni fa, ho capito subito che quello di László Toth era un ruolo adatto a me - dice Adrien Brody, premio Oscar nel 2003 per Il Pianista e migliore attore drammatico ai Golden Globes per questo film -. Per molte ragioni, ma soprattutto perché mia madre è immigrata in America dall'Ungheria, esattamente come accadde a Toth. Scappò dal suo paese nel 1956 durante la rivoluzione ungherese e venne in America. Tutto questo crea un parallelo con Toth che mi ha aiutato a capirlo, a capire il suo viaggio, le difficoltà di lasciare tutto e arrivare in un paese nuovo».
C'è un forte parallelismo anche fra quel passato e cosa succede oggi, in America e nel mondo, in tema di emigrazione. «Questo è un film storico, non ha velleità politiche - continua l'attore - la bellezza di certi film e di registi come Brady Corbet è che riescono ad illuminare la verità storica. The Brutalist è un film che mostra le difficoltà della vita di tanti di noi che affrontano pericoli per garantirsi la speranza di un futuro migliore. Mostra anche le insidie del capitalismo estremo, che sfrutta gli altri, i più deboli, che siano essi operai o artisti e creativi come László Toth. È un film molto eloquente in questo senso».
Il dramma ha anche un altro potere, quello di abbattere le luci di Hollywood sul sogno americano. «The Brutalist mostra i sacrifici necessari ad arrivare a quel sogno - continua l'artista -. È il paradosso dell'immigrato, che viene in questo paese per scappare all'oppressione e si aspetta di essere accolto con benevolenza, ma non è mai così».
Circa vent'anni fa Adrien Brody vinse l'Oscar interpretando un altro ebreo perseguitato, il pianista Wadysaw Szpilman. «Nella mia carriera professionale ho acquisito una conoscenza delle sofferenze dell'Olocausto che sono servite a livello personale ma anche professionale. Avere interpretato la paura, la sofferenza e la fame di Szpilman ne Il Pianista mi ha dato modo di contestualizzare il passato di László Toth per questo film».
Il regista, che ha vinto il Globo d'oro e il Leone d'oro a Venezia, è riuscito a rendere al pubblico un dramma importante con un budget molto ridotto rispetto alla grandezza del progetto, dieci milioni di dollari in tutto. Brody racconta un episodio avvenuto in Italia prima di iniziare le riprese, quando il regista stava cercando con poco successo un luogo dove girare una scena drammatica avvenuta durante il viaggio di Toth e del suo mecenate, Harrison Lee Van Buren, nel nostro paese per l'acquisto del marmo bianco di Carrara necessario per la realizzazione di un altare. «Corbet non riusciva a trovare un luogo adatto, allora gli ho inviato il numero di un amico che ha proprio una cava di marmo nel Carrarese. Qualche ora dopo mi arriva una foto di loro due, regista e marmista, che brindano all'accordo».
Quelle scene in Italia sono state importanti per rendere il senso drammatico del film. «In quelle caverne immense, squadrate, scavate nella montagna si è avvolti dalle meraviglie della Terra, ma è una bellezza dura e fredda, come quel marmo».
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