Una cometa sulla cima di un campanile. Al posto di una croce. La statua di Manzoni davanti a una chiesa lontana dall'abitazione natale. Un teatro, il più famoso e prestigioso del mondo, con un nome sorprendente. La Scala. Un bar come tanti altri che diventa il bar. Per antonomasia. Al Giambellino. Immortalato da Giorgio Gaber. Una villa triste. Via Paolo Uccello. Al 17. E i milanesi che si uccidono al sabato. Perche'. Già, perche'. Centouno quesiti ai quali risponde l'ultimo volume della serie sbarcato in libreria con lo scopo e l'ambizione di rispondere alle curiosità di milanesi e non. «101 perche' sulla storia di Milano che non puoi non sapere»" (Newton Compton, pp. 288, euro 14,90) risponde a queste domande sulla città aprendo uno squarcio su stranezze nascoste fra le pieghe della capitale morale.
A scriverlo due giovani autori Giuliano Pavone e Marco Dell'Acqua che tradisce la sua milanesità e il suo tifo rossonero indugiando in battute provocatorie di dubbio gusto perche' prive di replica. Ed ecco che così «Il rosso e il nero» di Stendhal diventa il pretesto per sfottere i cugini senza far ridere. Già, anche questo è Milano. In attesa che tocchi ora a un interista compilare il suo volume di sfottò ai danni dell'altra riva del Naviglio. In ogni caso Stendhal si presta per fare luce su una strada che ospitò Lucio Battisti in fuga da Poggio Bustone dove si dice che il padre gli avrebbe rotto in testa la chitarra. Un quartiere che avrebbe ospitato anche altri volti noti, Tony Dallara e i Dik Dik. E lo stesso Gaber che, al poco distante Giambellino, giocava abitualmente a biliardo. E che immortalò pure in una canzone, «La ballata del Cerutti Gino» in omaggio al bar Gino. Un mito del Giambellino. Meta anche di un altro Gino, il famoso barzellettiere, Bramieri. E in quel bar si aggirava il «drago». Appunto il Cerutti Gino, un delinquente da strapazzo che si fingeva un implacabile malvivente ma faceva fatica a rubare una Lambretta. E al comando di polizia ormai si erano impietositi di lui. Al punto che dopo il furto se la cavava con una ramanzina. E nulla più.
E' la Milano dei centouno perche'. Perche' in via Paolo Uccello 17 c'è una villa triste? Ma certo, qui visse e prosperò nell'aprile del '45 un bandito, Pietro Koch, che con la sua corte di drogati, prostitute, ladri e perfino due preti sorvegliava il sottobosco per conto del Duce. Poi venne catturato. E scappò. Ma in via Paolo Uccello la fama rimase inalterata. E ancora oggi è ricordata da un targa.
E perche' la statua di Manzoni è davanti a San Fedele? La risposta sa di aneddoto. Don Lisander veniva abitualmente a messa in questa chiesa. Qui cadde urtando con la testa uno scalino nel 1873. Da quel trauma cranico non si riprese mai più e qualche settimana dopo lo scivolone, il 22 maggio, morì.
E quella cometa sulla cima di un campanile... Siamo a Sant'Eustorgio, signori. E qui sono sepolti i re magi. Così sulla cima più alta non c'è la croce, ma la stella.
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