Caro direttore, non puoi immaginare con quali profondi sospiri di soddisfazione ho commentato, mentre lo leggevo, il tuo coraggioso, impeccabile editoriale sugli ultimi farfugliamenti di Adriano Sofri sullinizio degli anni di piombo. E su quelle che a suo avviso sarebbero le vere cause di quellignobile incipit. Ossia sulle colpe di uno Stato che egli continua imperterrito a rappresentarsi, secondo la rozza vulgata ideologica di quegli anni, come un organismo violento, repressivo, fazioso, sanguinario e criminale. Quando invece ormai tutti sanno, o dovrebbero sapere, che una memorabile inchiesta parlamentare ha permesso da un pezzo di accertare che in quegli oscurissimi anni la vera grande colpa dello Stato fu al contrario quella di non aver voluto permettere alle sue forze di stroncare subito, fin dallinizio, il nascente terrorismo rosso debellando in fretta come sulla base delle informazioni precocemente raccolte dai suoi più sagaci servitori sarebbe stato possibile fare un po prima che scoppiasse linferno lintera rete dei suoi covi.
Lasciami aggiungere, anzi, che le riserve che nutro sul personaggio Sofri sono forse anche più gravi delle tue. Sono più gravi perché, prescindendo completamente dalla questione della sua vera o supposta colpevolezza giuridica come vero o presunto mandante dellassassinio del commissario Calabresi, hanno invece molto a che fare da un lato col potente contributo che egli a suo tempo diede, con le sue parole e le sue azioni, alla creazione, diciamo così, dello stile intellettuale e morale, nonché ovviamente politico, degli anni di piombo, e dallaltro con la sua manifesta incapacità di pronunciare una sola parola allaltezza dellinfamia degli eventi che le sue presuntuosissime ideuzze di angioletto di non si sa quale lotta continua contribuirono comunque, mandato o non mandato, a incoraggiare e giustificare.
Permettimi infine di aggiungere un codicillo sul caso di quel nostro simpatico collega che è il figliolo diventato giornalista del commissario Calabresi.
guarini.r@virgilio.it
Caro Ruggero, come avrai capito leggendo il mio editoriale, su Sofri la pensiamo allo stesso modo, su Mario Calabresi no.
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