QUEL MITO DEL ’900 ITALIANO

È fatta per piacere la mostra multimediale «Il mito della velocità. Arte, motori e società nell’Italia del ’900», aperta fino al 18 giugno a Palazzo delle Esposizioni (catalogo Giunti). È centrata su velocità, motori, macchine, progresso. Oltre 350 fra dipinti, foto, filmati Luce, manifesti pubblicitari, documenti e schermi consentire a chiunque di seguire il proprio estro. Unico rischio, perdersi in tanta abbondanza. Non è una mostra sul futurismo che ne è il presupposto culturale, né sul made in Italy che ne costituisce l’ossatura, ma una cavalcata lungo un secolo seguendo il filo rosso della velocità, croce e delizia del nostro tempo. Un concetto che assume le dimensioni di un mito soprattutto italiano, ricorda Eugenio Martera che con Patrizia Pietrogrande ha curato la rassegna.
Coinvolgente dall’inizio con quella sfilza di automobili e motociclette (il mondo delle corse e dei piloti) allineate all'ombra delle colonne come per un gran premio, fra il rombo dei motori. La «Rossa» di Schumacher, la Lancia di Fangio, Taruffi, Castellotti e fra le due ruote la Gilera Rondine del 1936, la Ducati Desmosedici di Stoner.
La mostra si sgrana in sei tappe lungo le sale laterali scandite da tendaggi scuri. «La bellezza della velocità», al centro Fiat Torpedo e Alfa Romeo del 1925, racconta i primi venti anni del secolo iniziando dai futuristi antesignani della bellezza della velocità. «Un automobile da corsa... è più bella della Vittoria di Samotracia», scrive Marinetti nel Manifesto del futurismo (pubblicato su Le Figaro nel 1909), il movimento che attraversa tutti gli aspetti della società italiana rinnovandola. Simultaneità, dinamismo, velocità sono le nuove parole d'ordine. Sarà D’Annunzio ad attribuire all'automobile «seduttrice» il genere femminile. Sono anni cruciali per la radiofonia con Marconi che nel 1901 capta il primo segnale a Terranova, per le ferrovie col traforo del Sempione, per l’arte con i capolavori di Balla, Depero, Boccioni, Severini. È intitolato alla «Velocità nei cieli», il secondo snodo del percorso. Dopo lo storico volo dei fratelli Wright nel 1903, l’uomo vede realizzarsi il sogno di Icaro, la conquista della terza dimensione. Per D’Annunzio che sperimenta nel 1909 nell’aerodromo di Montichiari a Brescia il nuovo mezzo «il volo è... una cosa divina». L’idrovolante Fiat C 29 del Museo di Vigna di Valle domina la sala. Fanno corona documenti e cimeli del volo di D’Annunzio su Vienna e delle imprese aviatorie di Nobile e di Francesco Baracca, il primo pilota di caccia italiano. La sua insegna, il «Cavallino rampante», donato dalla madre nel 1926 a Enzo Ferrari, sarà l’emblema della scuderia di auto. Sulle pareti corrono le opere degli aeropittori Dottori, Delle Site, D’Anna, Tato che esplorano il mondo da impensabili angolazioni.
Ha per tema la «Velocità nella forma» negli anni ’30-’50 la sala dei maestri del design. «Cisitalia» del 1947 di Pininfarina, è la macchina della svolta, accolta come una «scultura in movimento» al MOMA di New York, attorniata da Giulietta Sprint Speciale del 1957 di Bertone e Gran Sport del 1931 di Jano. L’Italia ha fretta di crescere fra il ’50 e il ’70, anni degli elettrodomestici e della motorizzazione di massa. Nel 1946 è nata la Vespa, seguita nel 1947 dalla Lambretta, ma sarà la Fiat 500 capolavoro di Dante Giacosa a far diventare realtà nel 1957 i sogni degli italiani. Dello stesso periodo il rapido di lusso «Settebello», il «Bisiluro» di Carlo Mollino e l’Aurelia spider Pininfarina del film «Il sorpasso» con Gassman.
Forme sempre più affusolate e dinamiche nei treni e nelle vetture, forme sempre più miniaturizzate nei computer. E velocità nelle comunicazioni, internet, fibre ottiche ed acceleratori di particelle.

Infine, adombrata nell'ultima sala dei prototipi, la nuova rete globale per condividere le risorse dei calcolatori sparsi nel pianeta.
Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194, tel. 0639967500. Orario: martedì mercoledì giovedì 10-20, venerdì e sabato 10-22,30, lunedì chiuso. Fino al 18 giugno.

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