L'Italia ha una brutta malattia, il clericalismo. Lo dico da cattolico con un vivo senso religioso. Questo è un Paese perdutamente clericale nella fede ma anche nell'ateismo, che non rispetta la verità ma il potere del clero, cioè la forza e l'involucro. Un Paese non devoto ma servile, che si genuflette non alla verità ma al clero che ne impone il monopolio. Un clero anche laico, dunque.
Vi cito tre esempi freschi freschi: il caso Boffo, il caso Morgan con retrogusto di Marrazzo e il caso Berlusconi. Comincio dal primo che ha riguardato il nostro Giornale. Alla coscienza clericale del Paese non interessa sapere se è vera la notizia, ovvero se Dino Boffo sia stato o no condannato per molestie a una signora per via di una relazione con suo marito. No, interessa sapere se Boffo era omosessuale praticante oppure no; notizia del tutto irrilevante sul piano professionale e giudiziario. E interessa sapere se la notizia proviene dalla Chiesa stessa, oppure no, proviene dal giornalismo combinato alla politica. Non interessa accertare la verità dei fatti ma la trama imbastita sulla fonte.
Quando esplose il caso io scrissi due cose che oggi ripeto: la prima è che, sì, è incoerente dirigere il quotidiano cattolico della Conferenza episcopale e avere poi una doppia condotta di censore del premier e di condannato per molestie a sfondo sessuale, come era stato pubblicato. Però aggiungevo che un uomo non si può liquidare e condannare per una sua pagina nera ma va considerato nel contesto della sua vita: e Boffo era ed è un giornalista di qualità e una persona meritevole di rispetto. La soluzione a mio parere era non negare il fatto o indignarsi con chi l'aveva pubblicata, come si era fatto con spirito clericale anche da parte laica; ma ridimensionarne la portata e ritenere che non si debba travolgere una persona per una pur brutta caduta e contraddizione. No, il nostro Paese procede per condanna o per santificazione in relazione alle apparenze. Beccato, ora ti dimetti. Poi beccato chi l'ha voluto far fuori, ergo santifichiamo Boffo. Ma il fatto c'era o no? Scomparso, non conta. Un Paese clericale.
Secondo caso, del tutto laico, Morgan. Un artista simpatico, io trovo, e bravo. Ma dice una grave sciocchezza in favore dell'uso della droga, dice che a lui fa bene. Giustamente viene escluso da Sanremo perché diventa un modello negativo offerto da una tribuna vistosa del servizio pubblico. Non si può. Allora scatta la molla del clamoroso e improvviso pentimento, l'uso della penitenza in forma di recupero del tossico, la riduzione della propria responsabilità a malattia, di cui non si ha quasi colpa. E allora si annuncia il sacramento clericale della redenzione tramite la confessione plateale a Monsignor Bruno Vespa nel confessionale di Porta a Porta, dove sarà testimone solo Dio, più qualche milione di curiosi.
Pura ipocrisia. Infatti Morgan non si è svegliato un giorno e ha deciso di cambiar vita; né ha vissuto un lungo e doloroso travaglio. No. Morgan si pente solo dopo, e subito dopo, che è scoppiato lo scandalo e perde contratti e visibilità. Si vuol redimere, non per andare in Paradiso ma per andare a Sanremo.
La stessa cosa accadde a Marrazzo. Non si pentì per una vita che poi ha ritenuto dissoluta. No, ha negato fino a che ha potuto. E poi è venuto fuori che per anni ha vissuto una vita sdoppiata, tra droga, ricatti e trans, senza dar segni di pentirsi. Ma quando la verità è esplosa, viene azzerata col pentimento, la fuga in convento, il familismo di ritorno. Questo è puro, squallido clericalismo. È la sostituzione della fede, della verità, della sincerità con l'ossequio ipocrita e l'interessato pentimento, la fiction di una nuova vita.
Sul caso Berlusconi, infine, il clericalismo è di casa. Si finge che il potere prima di Berlusconi sia sempre stato immacolato da giudici e amanti, da corrotti e mignotte. E si finge che il Paese sia paralizzato, che la giustizia sia a terra, che la democrazia sia finita, a causa del legittimo impedimento voluto dal governo Berlusconi. La verità è che la giustizia in Italia ha un record europeo di ingiustizia e di insolvenza; che ogni potere politico in Italia ha avuto inchieste giudiziarie, e per vicende e comportamenti legati alla vita pubblica e non alla vita precedente di imprenditore privato, come il caso di Berlusconi. E che tra sesso e potere c'è una relazione stretta, antica e trasversale. Ma l'ipocrisia clericale è fingere scandalo, mostrarsi indignati perché improvvisamente la giustizia, il buon governo, l'onestà sono spariti in un Paese che vive da svariati decenni con una giustizia da schifo, con governi brevi, storti e malcavati, e con una disonestà intellettuale ma anche politica e giudiziaria come regola di vita.
Della verità non frega nulla ai clericali, è quasi un ingombro e una distrazione; conta l'osservanza alla Cupola, la conformità a un codice di ipocrisie e salamelecchi. Per clero non s'intende per forza quello della Chiesa cattolica, ma un blocco di potere, fosse pure un clero di atei, un partito intellettuale, un gruppo di potere. Un clero laicissimo, massonico, intellettuale, mediatico o affaristico. Siamo sottomessi al clero dei magistrati e al clero della finanza, al clero dei partiti e al clero dei poteri culturali. E sacrifichiamo la verità al potere.
Clericale è il ceto di potere in carriera, anche quello religioso, come ha osservato giustamente il Papa l'altro giorno, ma non solo quello. Se hai la possibilità di fare lobby e partito, di imporre una verità di comodo o una bugia organizzata, meriti la devozione clericale. Quel che si traduce in complotto o più modestamente in conformismo è affiliazione clericale. Poi dei meriti veri o presunti, se sei bravo o sei una nullità, non conta nulla.
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