Stefania Craxi
Spavalderia, superbia, ambizione. È davvero difficile capire da che cosa sia divorato in questi giorni DAlema, che cosa lo spinga, assieme a Prodi, a reclamare il comando di una missione dellOnu, quando le precedenti sono tutte fallite, a promettere limpiego di 3000 uomini (che per il dilettantismo del nostro ministro degli Esteri rischiano di diventare altrettanti ostaggi) in unavventura che nessun governo europeo vuole correre.
Una maggioranza che sul disimpegno dallIrak e dallAfghanistan si è salvata grazie alla correttezza dellopposizione, sembra ora non desiderare altro che imbracciare le armi e inviare i nostri soldati in una delle zone più pericolose del pianeta. Nove generali su dieci sconsigliano la missione. Tutti concordano nellimpossibilità di operare sotto il comando dellOnu, le cui decisioni rispettano i tempi delle burocrazie che le governano senza riguardo per le necessità militari.
Il generale francese Alain Pellegrini, attuale comandante dellUnifil, la forza dellOnu da anni di stanza nella regione, dichiara senza mezzi termini che la sua missione è fallita perché non poteva non fallire. Vittime, senza un briciolo di gloria, duecentosessanta caschi blu caduti inutilmente per un compito impossibile.
I giornali sono pieni delle difficoltà della missione. Se si intercetta un carico di armi proveniente dalla Siria o dallIran, che cosa si fa? Si sequestrano? E se gli hezbollah non ci stanno? Si spara? E se dopo il sequestro cercano di recuperare le armi? E dove comincia e dove finisce il diritto allautodifesa? Quali compiti specifici avranno i caschi blu? Si limiteranno a mettersi in mezzo ai due belligeranti, col rischio di prendere colpi da una parte e dallaltra?
Sono venticinque i Paesi europei che si riuniranno con i loro ministri degli Esteri per decidere il da farsi e non ce nè uno che non abbia obiezioni. Il conto ottimistico delle disponibilità di soldati non arriva a seimila unità, rispetto alle quindicimila ritenute necessarie dalla risoluzione dellOnu. Tutti chiedono che siano precisate le regole di ingaggio, specificati i compiti sul campo. Bush promette una seconda risoluzione sul problema numero uno, il disarmo di Hezbollah. A DAlema tutto questo sembra non interessare affatto. Alla Farnesina fanno sapere che una risoluzione sul disarmo degli hezbollah non la voterà nessuno (Diliberto, che con gli hezbollah è pappa e ciccia, dice che sarebbe una follia). DAlema si sente iperprotetto dalle sue dichiarazioni contro Israele e dalle sue passeggiate per Beirut con il deputato libanese del Partito di Dio. È un calcolo meschino che non tiene conto dei colossali interessi in gioco in quellarea. Gli hezbollah non sono autonomi, sono pedine in mano allIran, che li rifornisce di armi e di soldi, e ai partiti estremisti della Siria. Come si fa a dimenticare che la guerra nel Libano è cominciata con laggressione degli hezbollah, ordinata dallIran per alleggerire le tensioni sul suo capo?
E un calcolo sbagliato è anche lacquiescenza di Israele verso nuove provocazioni. Olmert è in difficoltà in Israele, non per leccesso della sua reazione, come dice DAlema, ma semplicemente perché non è riuscito a disarmare gli hezbollah. Il ministro della Difesa Peretz è sotto accusa perché ha mosso troppo tardi le truppe di terra.
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