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Quelle città impossibili promesse dai grillini

«Quinta stella a destra, questo è il cammino...». L’irresistibile fascino dei grillini, a giudicare da quelle «X» sulle schede spogliate con sorpresa dagli scrutatori, forse non sta soltanto nel rigurgito anticasta tanto in voga. L’isola che non c’è si nasconde nelle pieghe dei programmi. In quel cocktail di ambientalismo, autarchia 2.0, tecnologismo, massicce dosi di sentimento No Tav e qualche spruzzata di «celentanismo». E tanto, tanto senso dell’ovvio («Bisogna diminuire considerevolmente l’inquinamento in tempi molto brevi...»). Specie alle urne, non guasta mai.
D’accordo, il maestro Beppe Grillo resta un esempio inarrivabile. Come si fa a imitare l’ideona: «Facciamo l’asta del tasso d’interesse. Ci mettiamo d’accordo io e te. Tu dici il 4%, io dico il 7%, facciamo il 5, dai, ci mettiamo d’accordo...». Col paradosso che puoi fare il Savonarola conto i poteri forti finché vuoi, poi succede che «posti» il video su Youtube e intanto sotto scorre lo spot delle odiate banche o, peggio ancora, delle assicurazioni...
Federico Pizzarotti - il candidato del Movimento che è riuscito a centrare il ballottaggio a Parma contro «la vecchia politica» ovvero Vincenzo Bernazzoni, l’uomo di Bersani-Di Pietro-Vendola - Pizzarotti si diceva ha messo giù 68 pagine di promesse. Come tutti i politici in tempo di elezioni, e di qualsiasi colore, ci mancherebbe. Primo comandamento: «La Rete è trasparenza». Secondo teorema: «Molti studi affermano che una componente importante della felicità della comunità passa attraverso la partecipazione sociale diretta...». Come a dire, guai alle vostre città amministrate dai tiranni. Quanto alle «proposte concrete» dei candidati sindaci movimentisti da Nord e Sud, sembra più una corsa a ostacoli disseminata di divieti che un percorso di costruzione in positivo. Nella migliore delle ipotesi si traduce in utopie o sogni irrealizzabili. Si parte con il niet agli inceneritori, De Magistris docet. D’ora in poi, cari cittadini produttori di rifiuti, solo raccolta differenziata porta a porta «spinta» ed eliminazione di tutti i cassonetti per strada entro 6 mesi.
Il grillismo è un credo totalitario. Ogni ambito della vita quotidiana deve esserne pervaso. Quindi non pensiate di poter fare la spesa in pace: per i supermercati ci deve essere l’obbligo (attenzione, non la possibilità) di vendere prodotti alla spina e prodotti della filiera locale; l’ideale grillino suggerisce di fare acquisti solidali in gruppo. Compare all’ingrosso e ridistribuire tra i membri, quasi come in una comune. Il leader-guitto lo ripete spesso ai propri comizi: «Basta arricchire la catena della grande distribuzione. Pianto un pomodoro a casa mia e me lo mangio».
Nemmeno andare a lavorare deve essere un’attività agevole nelle città auspicate dai seguaci del comico genovese, visto che i parcheggi sono luoghi del il demonio e, per carità, andarci in auto significa condannarsi all’inferno. La soluzione? Rendere il servizio di trasporto pubblico più efficiente e capillare, oppure incoraggiare l’uso delle biciclette aumentando i chilometri di piste ciclabili. Suona un tantino già sentita.
Come non sono certo un marchio di fabbrica a cinque stelle gli incentivi alle forme di energia sostenibile. Non basta dotare di pannelli solari il maggior numero possibile di edifici pubblici o privati. A Parma, ad esempio, si vuole «sostituire progressivamente l’attuale illuminazione pubblica» e quella delle lampade votive «con lampade a Led». Non è abbastanza comportarsi «eco» in vita, evidentemente anche mentre ci si gode l’eterno riposo non bisogna sgarrare.
Per distrarsi da questi ragionamenti qualcuno potrà pensare di rinfrescarsi al bar.

Pure lì al bancone deve fare i conti con quei colossi che «generano un danno sociale», scrive Grillo sul suo blog, prendendosela con i distributori di acqua in bottiglia. Per bere con gli amici nei locali pubblici deve valere il «programma di recupero organico». Cioè, per favore, solo usando stoviglie lavabili (dietro cauzione) e con il noleggio della lavastoviglie.

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