La Quercia arranca D’Alema allarmato

nostro inviato a Venezia

Ottimista o no? Storce la bocca Massimo D'Alema lasciando San Clemente, l'isola sede del convegno Italia-Usa. «Ma le pare che possa esserlo o meno quando ancora le urne non si sono aperte...» replica gelido davanti alle telecamere.
Ma il ministro degli Esteri non è un vecchio dc, di quelli che parlavano e parlavano senza dir nulla. E così, a chi gli fa osservare che lui, per amministrative andate male per il centrosinistra, si dimise, decide di prendere il toro per le corna: «Meriterebbe una risposta pesante, ma sarò lieve. Silvio Berlusconi ha perso una dopo l'altra tutte le elezioni amministrative che si sono tenute. E non si è mai dimesso. Dunque lui è l'ultima persona al mondo che può chiederlo agli altri!».
Chiaro, no? Mica tanto. Perché se è vero che D'Alema ritiene che il leader dell'opposizione debba guardarsi dal reclamare le dimissioni del governo, è altrettanto vero che non ha escluso che altri possa farlo. Magari nel suo stesso schieramento. Perché le notizie che gli arrivano nel tragitto dall’isoletta di fronte a San Marco, vecchia sede del manicomio femminile e oggi hotel di gran lusso e l'aeroporto Marco Polo, sono tempestose. Più dello stesso clima atmosferico che si rabbuia di colpo, portando folate di vento, fulmini e mare grosso. Da Roma gli sarebbero arrivate telefonate dai toni molto allarmati. Ds in calo ovunque, assai magro il raccolto congiunto con la Margherita, disaffezione diffusa, successi (vedi Agrigento dove il sindaco è l'ex segretario dell'Udc ma la maggioranza è di centrodestra) con evidenti tracce d'inquinamento. Ma ancora e soprattutto - a quel che gli sarebbe stato comunicato - vittorie, quelle poche su cui l'Unione può contare, ottenute grazie soprattutto a liste collegate ai sindaci.
C'è da riflettere, e non poco, per chi - ancor prima di Montezemolo - aveva lanciato un mezzo allarme sul crescente distacco tra politica e società civile. Il ministro degli Esteri del resto è lo stesso uomo che il 19 aprile del 2000, perse male le regionali, si presentò in Senato confermando la sua scelta di dimettersi. «Un atto di sensibilità politica, non corrispondente a un dovere istituzionale», disse allora.

«Sensibilità politica» che ieri ha evocato in più di una occasione nella sua disanima del rapporto Italia-Usa, chiamando Washington a tenerne conto specie per quel che riguarda il Medio Oriente, l'Iran, l'Afghanistan, la stessa Ue (che solo unita e in qualche modo dialettica con gli Stati Uniti può essere funzionale alla crescita del rapporto transatlantico), segno che D'Alema continua a crederci. «Sensibilità politica» dunque che non è improbabile D'Alema possa tornare a reclamare in futuro, se nel centrosinistra proseguisse la tempesta.

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