Qualche anno fa lo storico, dell'università di Stanford, Ian Morris scrisse un libro diventato piuttosto famoso: Why the West Rules-For Now. Spiegava come mai quella che etichettiamo come civiltà occidentale aveva sviluppato una secolare primazia.
Se ci si avventura nel saggio di Josephine Quinn, storica di Oxford appena pubblicato da Feltrinelli, ci si trova in un contesto piuttosto diverso. Eppure l'oggetto descritto è sempre lo stesso e per certi versi ne emerge sempre l'assoluta particolarità e potenza. Come si intitola il libro? Ovviamente Occidente (pagg. 566, euro 30) e il sottotilo è esplicativo di un'ottica di lungo periodo: «Un racconto lungo 4000 anni».
La Quinn porterà il lettore a spasso per i porti del mediterraneo antico, a partire da quello di Biblo. Oppure nella città mercantile di Kerma lungo il Nilo. Nel farlo mostrerà come la curiosità mercantile, un tratto prima Mediterraneo che europeo ha favorito una precocissima rete di scambi. Una rete che ha fatto sì che nascesse una civiltà del commercio, molto aperta e cosmopolità che è il fondamento del nostro sistema culturale. Una civiltà capace di portare avanti una ibridazione delle merci che ha poi portato ad una rapida ibridazione delle culture. In questa panoramica secolare tracciata dalla Quinn non è che non troverete i greci e i romani ed alcuni di quelli che normalmente vengono considerati i pilastri della cultura occidentale. a partire dalla filosofia ateniese o dal diritto romano. Però è più facile che troviate le rotte dei vasi trasportati dalle cicladi sino alle coste della Spagna o che vediate l'accento posto soprattutto sulla capacità dei romani di assimilare qualsiasi vezzo culturale. Ad esempio la vittoria romana su Cartagine è descritta così: «Cartagine e Roma non erano così diverse... Erano entrambe potenze commerciali. Erano sorelle rivali, e come sorelle la più giovane imparò dalla più vecchia... Finche Roma copiò Cartagine al punto di portarla alla morte»
Solo una delle tante assimilazioni dell'Occidente. Alla fine Quinn proprio mettendo in luce la capacità di assimilazione dimostrata dagli Europei e poi dai coloni americani arriva a mettere in crisi proprio l'idea di civiltà separate. L'umanità non crea civiltà che sono grandi alberi separati. La cultura dell'Occidente ha prosperato proprio per la sua capacità di incrociare idee diverse, sono le popolazioni umane più chiuse e meno capaci di assimilare, o le più isolate, come quelle sudamericane prima dell'arrivo di Colombo, che si sono trovate a perdere una serie di opportunità. A restare indietro.
Questa visione, ben suffragata dai dati, ovviamente non va piegata ad una globalizzazione d'accatto, ma marca con chiarezza i vantaggi di una società aperta, liberale nel senso ampio più che puramente ideologico. E per fortuna (a lungo termine può diventare fortuna anche un'invasione barbarica), posizione e storia questa l'Europa l'ha costruita.
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