
Il miraggio di un lavoro regolare, ben pagato e quindi di un tenore di vita migliore, per poter cominciare finalmente un'esistenza che valesse la pena di essere vissuta. In realtà l'inizio di un vero e proprio incubo per ragazze giovanissime, arrivate a Milano dal Sud America e sfruttate dopo essere state obbligate a prostituirsi all'interno di appartamenti trovati dai loro aguzzini. E se qualcuno di loro provava a opporsi, a ribellarsi, iniziavano le minacce alle famiglie rimaste in Patria.
Eppure è stato proprio il coraggio di una di queste giovani ad incastrare gli sfruttatori, quattro persone sono state arrestate ieri mattina dagli investigatori della seconda sezione della Squadra mobile, guidati dal dirigente Alfonso Iadevaia, con le accuse di tratta di essere umani e sfruttamento della prostituzione: sono sospettate infatti di aver messo in piedi un giro di giovani escort, tutte colombiane e peruviane.
In manette, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Luigi Iannelli, sono finiti due uomini italiani di 67 e 57 anni e le loro complici, due sorelle peruviane, una 36enne e una 34enne. L'indagine coordinata dai pm Gianluca Prisco e Barbara Benzi, è iniziata a dicembre, quando una peruviana di 25 anni ha deciso di rivolgersi alla polizia per chiedere aiuto. La ragazza ha raccontato di essere giunta poche settimane prima dal Perù dopo essere stata contattata dalle due donne e di essersi poi trovata nella rete degli sfruttatori. Gli investigatori, anche grazie a intercettazioni telefoniche e microspie, sono riusciti a identificare e incastrare i quattro arrestati e a identificare in tutto otto vittime.
Secondo quanto ricostruito in questi mesi di indagini le vittime venivano fatte arrivare a Milano con delle finte lettere d'invito, quindi ospitate in due appartamenti in zona Farini e Greco Turro e obbligate a prostituirsi. Era lo stesso gruppo a postare degli annunci online per sponsorizzare l'attività delle escort pretendendo da loro fino a 500 euro a settimana per l'affitto delle abitazioni e per i «servizi» resi. Così le vittime non riuscivano a far fronte alle spese e non avevano nessuna strada per ribellarsi agli sfruttatori.
E quando ci provavano venivano minacciate, anche con il coinvolgimento dei familiari rimasti in Perù, proprio come accaduto alla 25enne dalla cui denuncia è nata l'indagine: quando ha tentato di liberarsi dal giogo dei suoi aguzzini a casa dei suoi parenti è arrivata la foto di un proiettile, spedita, come poi si è scoperto, dalle due sorelle peruviane. Un messaggio chiarissimo, ma che non ha intimidito la giovane peruviana.
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