A due giorni dal disastro allEureco di Paderno Dugnano, la gente continua a porsi tanti interrogativi. Uno su tutti: era possibile intuire, prevedere, evitare? In molti, ora, temono una catastrofe come a Seveso, quando - il 10 luglio del 1976, per un guasto al reattore B dellIcmesa - fuoriuscì una nuvola di polvere bianca. La stessa storia dellEureco, dove nessuno sapeva che razza di lavori erano svolti e in pochi ne conoscevano lesistenza. Enrico Origgi, il presidente dellassociazione dei commercianti della zona, che fa capo alla potente Confcommercio di Carlo Sangalli, ha qualcosa da dire. «I tecnici dellAzienda sanitaria, giustamente, molto spesso eseguono verifiche nei pubblici esercizi e nei negozi alimentari dei nostri associati. Mi chiedo e vi chiedo se in quella ditta, che trattava rifiuti pericolosi, quanti controlli sono stati fatti».
Giovedì pomeriggio, in tutta Paderno, sembrava essere scattato il coprifuoco. Strade deserte, atmosfera di guerra. Paura. «In effetti - conferma Monica Perego, titolare di un bel negozio dabbigliamento in centro non si è vista unanima. La gente si è rinchiusa in casa. Aveva il terrore di respirare aria contaminata. Oggi sembra tranquilla». Se ne parla ancora al Bar Commercio di piazza Matteotti. «Nel mio locale - dice il titolare Ivan Contran -, i clienti non parlano daltro. Sono stupiti. Tutti si oppongono alla realizzazione del termovalorizzatore e non sapevano dellesistenza di una fabbrica così pericolosa. Adesso hanno capito che era una bomba ad orologeria». In ogni caso giovedì pomeriggio regnava la confusione. «Nella mia pasticceria aggiunge Giordano Cislaghi, il contitolare qualche donna pensava fosse accaduto qualcosa di grave a Desio».
Quella che è diventata la «fabbrica dei veleni» è sotto sequestro giudiziario. Tutto sigillato. Dopo il trambusto, la desolazione. Solo due carabinieri su unauto stazionano davanti al cancello. Nessuno deve entrare. Lo ha deciso il pubblico ministero di Monza, incaricato di seguire il caso.
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