Referendum, il giudice Quaranta è un veggente Si vota (come previsto) il quesito sul nucleare

Ieri dalla Consulta via libera al voto popolare, ma il neopresidente della corte lo aveva annunciato ventiquattro ore prima. Scoppia la polemica. L'ex presidente Onida avverte: "E' stata un'anticipazione singolare". Anche Avvenire storce il naso: "Una nota stonata"

Referendum, il giudice Quaranta è un veggente  
Si vota (come previsto)
il quesito sul nucleare

Roma«Chiarezza, omogeneità ed univocità». I requisiti ci sono tutti, per la Corte costituzionale, e il referendum sul nucleare si farà. Tre ore di camera di consiglio e all’unanimità i 13 giudici della Consulta (manca il sostituto dell’expresidente Ugo de Siervo, che dev’ essere eletto dal parlamento e Maria Rita Saulle, per motivi di salute) danno l’ultimo via libera al voto del 12 e 13 giugno.
Esultano Antonio Di Pietro e quelli dell’Idv, promotori dei referendum; esulta qualcuno sì e qualcuno no nel Pd, con Pierluigi Bersani che solo a fine giornata si fa sentire per raccomandare il voto; si accodano in tanti, da Francesco Rutelli dell’Api a Fabio Granata del Fli. L’ultima grana riguarda 3,2 milioni di italiani all’estero, che hanno già votato sul vecchio quesito: ancora non si sa se quel voto è valido.
In pratica, la Consulta conferma quanto il giorno prima ha fatto capire il neopresidente Alfonso Quaranta. Subito dopo l’elezione ha spiegato che, a suo parere, l’Alta Corte non avrebbe potuto cancellare il quesito riscritto dalla Cassazione il primo giugno, dopo le modifiche introdotte dalla legge «omnibus» con la moratoria sulle centrali nucleari.
Dichiarazione che ha subito suscitato stupore e polemiche. Non solo da parte di esponenti della maggioranza, ma anche di costituzionalisti di centrosinistra come Valerio Onida e della direzione del giornale dei vescovi, «Avvenire». Un’anticipazione di giudizio «singolare», «un pò strana», osserva l’expresidente della Corte costituzionale Onida, che pure la giudica «comprensibile» se Quaranta ha voluto così chiarire «i limiti» di intervento della Consulta su questa materia, il fatto cioè che non si trattasse «di un ricorso del governo ma da un ricorso d’ufficio». Di «una nota stonata» parla, invece, Avvenire: «Era proprio necessario che il neopresidente, nelle prime dichiarazioni dopo l’elezione, anticipasse il proprio convincimento personale su una questione ancora da affrontare (collegialmente)?».
Probabilmente, Quaranta ha voluto con quella frase alleggerire il peso politico della decisione della Consulta, facendo capire che il via libera era praticamente obbligato, un passaggio formale caricato di attese e di significati eccessivi. Anche il fatto che i 13 giudici presenti abbiano votato compatti e con grande rapidità per l’ammissibilità, accredita questa lettura: un’ora per sentire i legali delle due parti in causa, due in camera di consiglio e la decisione è stata presa senza divisioni.
Le motivazioni della sentenza, scritta da Giuseppe Tesauro, spiegano che è «chiaro ed univoco» il risultato che si vuole raggiungere con questo referendum: «non consentire l’inclusione dell’energia nucleare fra le forme di produzione energetica».

Cadute le norme sulla costruzione delle centrali, quelle rimanenti che ora si vogliono abrogare permetterebbero, infatti, un futuro ritorno all’atomo, sulla base di «ulteriori evidenze scientifiche sui profili relativi alla sicurezza nucleare e tenendo conto dello sviluppo tecnologico».

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