La ricostruzione della bocca dopo la piorrea

La riabilitazione della bocca del paziente in seguito all'estrazione generalizzata causata dalla piorrea oggi può essere più rapida e meno dolorosa. Piorrea è in realtà un vecchio termine rimasto nell'uso popolare: la denominazione più corretta è «parodontopatia»: vi sono, di questa malattia, forme molto aggressive che portano alla mobilizzazione di tutti gli elementi dentari fino alla perdita. Ne parla il dottor Silvano Tramonte, odontoiatra di Milano (www.tramonte.com), docente al corso di aggiornamento in implantologia elettrosaldata, direttore professor Stefano Fanali, università Gabriele D'annunzio di Chieti: «In sostanza, la malattia del parodonto è il rapido deteriorarsi del tessuto di sostegno che si frappone tra radice ed osso mascellare e mantiene ben saldo il dente nella sua sede. Patologia dovuta a processi infettivi batterici che i moderni parodontologi riescono talvolta a bloccare o addirittura ad invertire, ma che quando non risponde alle terapie conservative è destinata a sfociare nella mobilità crescente del dente fino alla sua caduta. In questi casi, quando non c'è proprio più niente da fare, l'odontoiatra consiglia al paziente l'estrazione generalizzata di tutti i denti coinvolti nel processo infettivo, per evitare complicanze e un ulteriore degrado della qualità dell'osso, o una sua perdita consistente». Dal momento dell'estrazione, inizia per il paziente una nuova fase, quella della riabilitazione, cioè della sostituzione dei denti estratti con protesi che possono essere mobili (la dentiera), oppure fisse, per chi sceglie la soluzione di più elevata qualità funzionale ed estetica. Per quest'ultima tipologia di pazienti si aprono oggi due possibili opzioni, tra loro parzialmente alternative. Continua il dottor Tramonte: «La metodica più diffusa, che impiega i cosiddetti "impianti sepolti", prevede una riabilitazione costituita sinteticamente dalle seguenti tappe: ricostruzione dell'osso; attesa che l'osso guarisca completamente; inserimento degli impianti e loro "sepoltura" sotto la gengiva; attesa che si completi l'osteointegrazione degli impianti sepolti (6 mesi), senza possibilità di masticare, ma soprattutto di montare denti provvisori fissi; riapertura della gengiva per l'inserimento del moncone e, infine, montaggio del dente definitivo. L'altra metodica impiega i cosiddetti "impianti a carico immediato" e prevede l'inserimento immediato degli impianti subito dopo l'estrazione, con eventuali ricostruzioni ossee se necessarie. Essendo appunto "a carico immediato", questi impianti consentono, nella stessa seduta, l'applicazione dei denti provvisori.

Il paziente non può masticare normalmente per i primi due mesi: gli impianti inseriti devono consolidarsi. L'alimentazione sarà a base di alimenti tritati come consigliato. Con questa tecnica, il paziente può mostrare da subito i denti provvisori anziché delle gengive nude».

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