Rispettata la volontà di Alain Delon: non ci sarà funerale di Stato

Cerimonia riservata e sepoltura nella cappella della propria tenuta. A settembre un saluto e un ricordo pubblico a Parigi

Rispettata la volontà di Alain Delon: non ci sarà funerale di Stato
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Nessun funerale di Stato per Alain Delon morto l'altro ieri all'età di 88 anni. «Sappiamo già dove sarò sepolto» aveva detto il leggendario attore in un'intervista tv del 2018 a Catherine Ceylac: «Voglio essere seppellito come tutte le persone comuni e assolutamente non come gli artisti che hai menzionato» che, per la cronaca, erano Charles Aznavour, Johnny Hallyday e Jean-Paul Belmondo. Il suo desiderio, rispettato, è quindi quello di essere tumulato nella cappella che aveva fatto costruire con spazi mortuari per sei persone, di cui uno riservato a lui dietro l'altare, nella sua fantastica tenuta di Douchy-Montcorbon immersa nella foresta del Loiret a 120 km da Parigi dove sono anche seppelliti circa 40 dei cani che ha amato e spesso salvato e dove le persone comuni che gli hanno voluto bene, ieri, hanno posato fiori. Ci sarà tempo, a settembre, per un saluto e un ricordo a Parigi più pubblico.

Intanto tutti gli occhi sono puntati sui suoi tre figli Anthony nato nel 1964 dal matrimonio con l'attrice Nathalie Barthélémy mentre dall'incontro nel 1987 con la modella olandese Rosalie van Breemen nascono, nel 1990, Anouchka e, nel 1994, Alain-Fabien che si divideranno un patrimonio immenso di cui non si conosce l'entità ma che viene stimato in circa 200 milioni di euro. Per volontà dell'attore la metà andrà all'adorata Anouchka e la restante parte ai due figli maschi.

Ma come ha fatto Alain Delon ad accumulare una cifra simile? La sua lungimiranza imprenditoriale, che gli ha consentito di capitalizzare abbastanza presto la sua straordinaria notorietà mondiale, è iniziata con la partecipazione come produttore ai suoi stessi film, circa una trentina, da Borsalino a Mr. Klein, e poi è proseguita con la vendita della sua immagine attraverso un marchio creato nel 1978 con la distribuzione di prodotti di lusso, sigarette, alcol e profumi in Asia. Ha così accumulato un patrimonio veramente consistente che, da circa 15 anni, ha iniziato a convertire in denaro. «Preferisco lasciare i soldi ai miei figli», aveva detto qualche anno fa alla stampa, adducendo un'ostilità per le «vendite postume». Così ha iniziato a mettere all'asta regolarmente la sua collezione d'arte, le automobili, i vini pregiati, le armi, gli orologi. In un'asta di 16 anni fa aveva venduto una quarantina di quadri degli anni Cinquanta tra cui opere di Hartung, Alechinsky, Dubuffet, Zao Wou-Ki battendo diversi record mondiali che hanno fruttato quasi nove milioni di euro. Nell'ultima grande vendita, l'estate scorsa a Parigi, grazie a dipinti di artisti come Raoul Dufy o Eugène Delacroix ha ottenuto più di otto milioni di euro. Una strategia ben precisa testimoniata anche, nel 2000, dall'ottenimento della cittadinanza Svizzera che, per le questioni fiscali, aiuta sempre.

Proprio su questo punto, e non sull'eredità, si sono scontrati i tre figli, con Anouchka che lo voleva portare lì per curarlo meglio in questi mesi e con i due fratelli convinti che il padre preferisse rimanere nella tenuta di Douchy di diverse decine di ettari che aveva acquistato più di mezzo secolo fa e dove aveva anche realizzato un lago lontano da sguardi indiscreti perché circondato da alte mura.

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