Milano e l'immigrazione. Gli anni Cinquanta al crepuscolo. Siamo in pieno boom, ma sembra non accorgersene nessuno. O, perlomeno, in pochi. Perche' Rocco è figlio di napoletani ed è arrivato sotto la Madonnina, come in molti all'epoca, con la valigia di cartone e tante speranze dentro. Una famiglia. Numerosa. Infinite difficoltà. L'abitazione inospitale... E per fortuna che, almeno quella, c'è. Non è poco. Il riscatto, come spesso accade, è nello sport. Pugni simbolici. Pugni emblematici. Pugni dati. E pugni ricevuti. Quello delle critiche che piovvero sul film - uno dei più belli dell'intera cinematografia italiana - alla vigilia della Mostra di Venezia nella quale fu presentato preceduto da giudizi entusiastici. Ai quali corrispose però solo un Leone d'argento, a tutt'oggi considerato ingiusto, in virtù del traguardo più prestigioso cui era destinato. E di cui era meritevole.
Morale e pruderie fecero il resto. Cattolicissimi pregiudizi impedirono al film di ottenere i riconoscimenti cui giustamente ambiva. Il regista, Luchino Visconti, per protesta disertò la Mostra. Intervenne la censura e impose tagli. Oggi, quelle scene espunte non farebbero scandalo. Non desterebbero angosce. Non provocherebbero il disorientamento. Allora fecero discutere. Nadia (Annie Girardot) che cade uccisa a braccia aperte come su una croce. Un piccolo Golgota. Il suo. Nadia che trascorre una notte di passione con Simone che si è innamorato di lei. Lo stupro di Nadia. La scazzottata fra i due fratelli Rocco e Simone. Una donna. Una prostituta. Una storia d'amore. Un amore negato. Simone. Un amore compiuto. Rocco.
E i pugni di Rocco. Pugni in montaggio alternato. Mentre Simone compie il gesto che lo metterà fuori dalla legge. E fuori dalla società civile. Pugni che lo spingono oltre. Pugni che gli negano il riscatto. Pugni che a loro modo i critici infliggeranno a un capolavoro che, pur avendo avuto una sorte lusinghiera, avrebbe meritato molto di più.
Oggi a oltre mezzo secolo dall'uscita del film di Luchino Visconti e da quella tempesta di polemiche esce un volume «Rocco e i suoi fratelli» (Lindau, pp.243, euro 19) in cui Mauro Giori, ricercatore di Storia delle arti visive a Pisa, tratteggia e ripercorre la successione di quei fotogrammi, ne interpreta la chiave, ne suggerisce una lettura. «Rocco e i suoi fratelli» è da considerarsi forse il film in cui l'Italia del Dopoguerra mostra ancora i suoi legami morali con l'Italia del tramontato regime. Una società in evoluzione alle prese con infinite difficoltà che la pellicola di Visconti, a suo modo, sottolinea e simboleggia. Una verità che fa male. Disorienta. E colpisce al cuore. A Milano, soprattutto. Centro della rinascita. Città dell'industria all'arrembaggio, emblema di una nazione in ripresa che tuttavia ha ancora immensi problemi.
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