Amalia, la ragazza trovata morta nel covo dei tossici

È giallo sulla morte di Amalia Voican, trovata senza vita il 2 maggio in un immobile abbandonato a San Giovanni tra tossici e spacciatori. Per amiche e familiari non si è trattato di un'overdose e nel quartiere qualcuno dice di aver visto nel fabbricato uno dei pusher africani coinvolti nel caso di Desirèe Mariottini

Amalia, la ragazza trovata morta nel covo dei tossici

Amalia Voican come Desirèe Mariottini, trovata senza vita in uno di quei luoghi che nemmeno t’immagini possano esistere a due passi dal centro. Finita chissà come in un immobile occupato da pusher e tossicodipendenti. Scappata da un piccolo paese dell’Alto Lazio, Corchiano, per raggiungere la Capitale e perdersi in una casa abbandonata in via Atella, a pochi metri dalla Basilica di San Giovanni in Laterano. Era morta da tempo quando l’hanno ritrovata (guarda il video).

A dare l’allarme è stato il meccanico che ha l’officina proprio accanto a quell’edificio infernale. L’ha vista passare ogni giorno, per un mese intero. Le allungava dei soldi e qualche sigaretta, finché non è scomparsa. Poi a maggio un odore forte, insopportabile, e uno strano viavai di topi lo hanno spinto a chiamare le forze dell’ordine. Amalia era nella sua stanza, con le pareti piene di graffiti, il cadavere composto e avvolto in una coperta, in avanzato stato di decomposizione. Eppure, in quel fabbricato, alcune persone hanno continuato a dormire, bivaccare e bucarsi accanto al suo corpo esanime. Ecco perché amiche e familiari non credono che si sia trattato di un’overdose.

Sono troppi i punti oscuri di questa storia. “Perché – si domanda Romina, una delle sue migliori amiche – chi viveva lì non ha chiamato un’ambulanza?”. E “perché – si chiede ancora – a distanza di un mese dal suo ritrovamento qualcuno ha tentato di dare fuoco all’immobile?”. Sono le stesse domande che ci pone papà Sorin dalla Romania, dove è tornato a vivere dopo la separazione con la madre di Amalia, quando lo contattiamo telefonicamente. “Il sospetto – dice – è che qualcuno abbia cercato di cancellare le prove”. Amalia, ventuno anni appena, aveva avuto dei problemi di droga ma, ci racconta suo padre, “non era una tossicodipendente: ho visto come era ridotta quando l’hanno ritrovata, l’ho riconosciuta solo dai tatuaggi perché il viso era completamente scarnificato e l’attaccatura dei capelli era scolorita, come se le avessero buttato dell’acido addosso per sfigurarla e renderla irriconoscibile”.

In attesa della perizia medico-legale e degli esami tossicologici l’avvocato della famiglia Voican, Marco Valerio Verni, più cauto, ci spiega che “gli inquirenti non escludono nessuna pista” e che “le ragioni del decesso per ora sono sconosciute”, ma “non è da escludere che possa essere stato determinato da più cause”. Di certo sappiamo che tra i migranti che vivevano abusivamente nello stabile c’era anche un egiziano con cui, secondo la ricostruzione delle amiche, Amalia aveva una relazione sentimentale piena di contrasti. A provarlo ci sono delle conversazioni Facebook, le ultime della ragazza, nelle quali lui “la minacciava di morte e di strappargli la faccia”. Parlano di “omicidio” anche gli occupanti dell’immobile che hanno continuato a vivere lì dentro nonostante la struttura fosse posta sotto sequestro.

In particolare una donna africana che compare in un video girato dagli amici di Amalia ad un mese dal ritrovamento del cadavere. “È qui che è avvenuto l’omicidio”, dice indicando il materasso dove era disteso il corpo di Amalia, per poi prendersela con un “arabo”. “Bastardo, ha dato la droga, ha drogato tutto e lei ha dormito”, dice ai ragazzi. Insomma, per ora tutte le ipotesi restano al vaglio degli inquirenti. Anche che possa essere successo qualcosa di molto simile a quello che è avvenuto in via dei Lucani 22. Ad intrecciare la fine di Amalia con quella di Desirèe, infatti, non c’è solo il degrado sociale che le ha inghiottite ma, stando a quello che mormora il vicinato, qualcosa di più. “In quello stabile – ci racconta un residente che vuole rimanere anonimo – mi è sembrato di riconoscere anche uno degli spacciatori finiti dentro per la morte della ragazza a San Lorenzo”.

Qualcuno ha drogato Amalia e quando si è sentita male non l’ha soccorsa? Anche Amalia poteva salvarsi? E perché quell’immobile, di proprietà del Comune di Roma e

semi-occupato da sei anni, non è stato segnalato da nessuno? E proprio per far luce sulle responsabilità dell’amministrazione è pronta anche un’interrogazione che sarà presentata in Campidoglio dai consiglieri della Lega.

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