Lo chiamano "villaggio della solidarietà": un nome che rispecchia davvero poco la realtà dei fatti. Il campo rom di via di Salone, alla periferia est della Capitale, somiglia piuttosto a un girone infernale.
Sul terzo insediamento della città per numero di presenze, circa 600, due settimane fa si sono riaccesi i riflettori. Nel corso di un controllo straordinario è spuntata un’arma da fuoco. Una Beretta calibro 9/21 con la matricola abrasa. Gli agenti in borghese del commissariato Nuovo Salario l’hanno ritrovata nel container di un ventenne con diversi precedenti di polizia alle spalle.
Un episodio simile a quello che si è verificato a metà settembre, quando dietro al frigo di un rom di trentadue anni i poliziotti hanno scovato una semiautomatica. La baraccopoli è anche il quartier generale della squadra di rapinatori che lo scorso 23 ottobre è stata sorpresa pochi attimi dopo aver svaligiato tre appartamenti alla Garbatella. E così via. Pagina dopo pagina, tra le righe della cronaca di Roma degli ultimi anni, quello del campo rom di via di Salone è un nome che ritorna. Come una firma.
C’è poi un’altra pratica criminale in voga tra gli inquilini della baraccopoli: quella di dare alle fiamme i rifiuti, tanto che lo scorso maggio alcuni di loro sono finiti in manette con l’accusa di aver smaltito illecitamente tonnellate di rifiuti tossici e speciali. I residenti denunciano il fenomeno da anni, ma il pattugliamento costante della polizia locale e il divieto di accesso per auto e furgoni non è servito a granché.
"L’ultimo rogo risale a due domeniche fa, non potendo più entrare con i furgoni nel campo, scaricano i rifiuti nelle zone limitrofe ed infatti sono sorte decine di discariche che periodicamente vengono date alle fiamme", denuncia Franco Pirina, presidente del Caop Ponte di Nona. "Ogni volta che le polizia entra nel campo trovano armi, droga, soldi di dubbia provenienza e oggetti rubati, quello è un covo di delinquenti", attacca Pirina, invocando la chiusura immediata dell’insediamento.
Il superamento dei campi rom, già. Sono passati tre anni e mezzo dall’approvazione del "Piano di indirizzo di Roma Capitale per l'inclusione delle popolazioni Rom, Sinti e Caminanti" ed il bilancio è impietoso: degli 11 villaggi attrezzati e insediamenti "tollerati" inclusi nel Piano, solo il Camping River ha veramente chiuso i battenti. Proprio per denunciare il "flop" delle politiche attuate sin qui dal Campidoglio, un gruppo di esponenti della Lega, tra cui il consigliere regionale Laura Corrotti, il consigliere comunale Maurizio Politi e il senatore William De Vecchis, oggi ha fatto un sopralluogo nella baraccopoli.
Il quadro che ne emerge è desolante. Soprattutto nei giorni in cui la seconda ondata di Coronavirus ci sta mettendo alla prova. "Se già prima le condizioni di vita di queste persone erano al limite, figuriamoci oggi che distanziamento sociale e dispositivi di protezione individuale sono le uniche armi che abbiamo per sconfiggere il virus", ragiona Laura Corrotti.
"Mi sono imbattuta in delle scene allucinanti: bambini abbandonati a giocare in mezzo a spazzatura e carcasse di topi, moduli abitativi sovraffollati, residenti senza mascherina e nessun rispetto delle norme anti-contagio", continua la consigliera.
"Parlando con alcuni inquilini, mi sono resa conto che non hanno nessuna voglia di integrarsi ma esigono casa e lavoro. Qui è saltata ogni regola, anche la più basilare, la Raggi– domanda polemica Corrotti – cosa aspetta ad intervenire?".
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.