La mancanza di dispositivi di protezione individuale? Secondo l’Istituto Superiore di Sanità è la più grande difficoltà con cui si sono dovuti scontrare finora medici, infermieri e operatori socio-sanitari. Anche nel Lazio, dove nelle case di cura della regione continuano ad accendersi pericolosi focolai di coronavirus - l’ultimo quello nel centro di riabilitazione Santa Maria del Prato di Campagnano, comune alle porte di Roma – il dossier mascherine continua a far discutere.
Nelle scorse settimane era stata la consigliera di Fratelli d’Italia, Chiara Colosimo, a sollevare il caso dell’ordine da 36 milioni di euro per l’acquisto urgente di dispositivi FFP2 e FFP3, arrivate in ritardo. Sulla questione era intervenuto lo stesso governatore Nicola Zingaretti, annunciando l’avvenuta consegna di "9 milioni e 662 mila" mascherine in 5 settimane. Il segretario del Pd nel Lazio, Bruno Astorre, aveva però ammesso, nei giorni scorsi, i ritardi da parte dell’azienda che avrebbe dovuto fornire i dispositivi. Una circostanza che può aver contribuito a determinare la scarsità di questi presidi, almeno nelle prime fasi dell’emergenza.
Secondo Il Tempo lo scorso 23 marzo la Regione avrebbe inviato una circolare a tutti gli operatori sanitari per un utilizzo "razionale e sostenibile" dei dispositivi di protezione individuale. Tra le raccomandazioni, nota in un editoriale il direttore del quotidiano Franco Bechis, c’è anche quella di evitare "di entrare nella stanza in cui sia ricoverato un caso sospetto/accertato di Covid-19 se non è necessario ai fini assistenziali" per "ridurre il consumo improprio ed eccessivo di Dpi".
E ancora, sempre al fine di ottimizzare il consumo di mascherine la Regione sottolineava la necessità di "rivedere, ove possibile, l'organizzazione del lavoro, cercando di raggruppare le attività assistenziali al letto del paziente al fine di minimizzare il numero di ingressi nella stanza (ad esempio: controllare i segni vitali durante la somministrazione di farmaci o la distribuzione del cibo)". Ma a far discutere è l’ultima delle indicazioni date dalla Regione nel documento citato da Bechis, ovvero quella di "utilizzare la stessa mascherina chirurgica" o lo stesso "filtrante" per assistere "pazienti Covid 19 che siano raggruppati nella stessa stanza" nel caso di "disponibilità limitata" dei dispositivi.
Certo, sottolineano gli esperti "purché la mascherina non sia danneggiata, contaminata o umida".
Il direttore del Tempo denuncia anche la scarsa disponibilità di tamponi, come segnalato da diversi "lettori" del suo giornale. Anche a Campagnano, comune blindato da ieri per il boom di contagi in una casa di cura, dove, denuncia Bechis, "gli sos dei malati" non sarebbero stati ascoltati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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