Il decreto per chiudere i negozi? A Roma già si abbassano le serrande

Tantissime le attività commerciali che hanno deciso autonomamente di chiudere: "Dove non arrivano i decreti dovrebbero arrivare buon senso e responsabilità personale”. E anche i grandi brand abbassano le serrande

Il decreto per chiudere i negozi? A Roma già si abbassano le serrande

"Con le gambe che tremano, stamattina ci siamo fatti coraggio e abbiamo deciso di chiudere". A scrivere su uno dei gruppi di quartiere della Capitale nati su Facebook è la titolare di un negozio di scarpe del II Municipio. "Sono in primis una mamma che ha paura per i suoi bimbi di 1 anno e quasi 3, una figlia che ha paura per i suoi genitori over 65, per suo marito, per tutti", spiega la donna nel post.

"Non vendiamo beni di prima necessità, la nostra è una piccola attività a gestione familiare e l’impatto di questa decisione sulla sfera economica si farà sentire: costi di gestione, stipendi da pagare, laddove non arrivano i decreti dovrebbe arrivare il buon senso e la responsabilità personale", è la conclusione della signora. Mentre in queste ore il governo italiano valuta se prendere misure ulteriori, come la chiusura delle attività commerciali non essenziali, per contenere il contagio da coronavirus, nella Capitale le serrande iniziano ad abbassarsi.

Sono in molti, negozi di abbigliamento o di scarpe, parrucchieri, ad annunciare sui social la chiusura dei punti vendita. Una decisione presa in coscienza, prima ancora che Palazzo Chigi emetta nuovi decreti per contrastare l’avanzata dell’epidemia. Del resto le strade sono vuote. Inutile, quindi, per i negozi di quartiere, restare aperti se non è consentito fare shopping e, soprattutto, se in giro non c’è più nessuno.

"Da domani i nostri saloni saranno tutti chiusi, non è il caso di rischiare", annuncia su Instagram una nota catena di parrucchieri della Capitale. Ma non sono solo i piccoli imprenditori ad aver anticipato il governo in questa scelta drastica. Ieri ad aver annunciato la chiusura temporanea fino al 3 aprile di tutti i punti vendita era stato il Gruppo Calzedonia di cui fanno parte Calzedonia, Intimissimi, Tezenis, Falconeri, Signorvino ed Atelier Emé.

"È un modo per contribuire attivamente allo sforzo collettivo", aveva reso noto il presidente Sandro Veronesi. Decisione, la sua, seguita oggi da quella di altri brand, come Luisa Spagnoli e Manila Grace. Ha annunciato lo stop di tutti i punti vendita sul territorio italiano anche la catena di articoli sportivi Decathlon. Il blocco degli acquisti proseguirà fino a lunedì prossimo. Fino ad allora, fa sapere il colosso in una nota, lo shopping andrà avanti solo sul web.

Chiusa anche la Rinascente di via del Tritone. Prima i cartelli invitavano i clienti a mantenere la distanza di sicurezza. Poi i clienti sono spariti e così il multibrand di lusso ha scelto di chiudere le porte. Lo stesso ha fatto un altra catena di grandi magazzini, Coin.

A chiedere regole più stringenti, come la chiusura delle attività commerciali che non vendono beni di prima necessità, sono i partiti di opposizione ed i governatori delle regioni del Nord, quelle più duramente colpite dalla diffusione del virus.

La proposta del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana,è arrivata poco fa sul tavolo del presidente del Consiglio. La richiesta, anticipata nei giorni scorsi, è quella di una chiusura totale di ristoranti, bar, alberghi e in generale di tutti i negozi, con esclusione delle farmacie e degli alimentari.

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