È una storia che si ripete. Un film già visto, però non è finzione. È la realtà di una generazione sotto attacco, quella degli over 70. Non ci sono muri abbastanza spessi per proteggere i nostri anziani. Nelle residenze sanitarie, secondo un recente studio dell'Istituto superiore di sanità, dal primo febbraio al 14 aprile, si sono registrati 6.773 decessi dovuti al Covid o a sintomi simil-influenzali. Il dato è parziale, perché solo il 33 per cento delle strutture contattate ha collaborato.
L'emergenza riguarda anche il Lazio, dove i decessi stimati fino alla metà di aprile sarebbero almeno 147. C'è chi dice che in fondo non sono poi così tanti, che in Lombardia succede di peggio, e si mette a pesare la vita delle persone sul bilancino. Sono solo numeri, e non riescono a raccontare lo strazio di chi ha perso un effetto senza averlo neppure potuto salutare, o di chi è appeso a un filo di speranza. È il caso di Francesco, che incontriamo fuori dalla casa di cura Villa dei Pini di Anzio. In questa struttura del litorale laziale, sinora, sono 18 gli anziani contagiati, due di loro non ce l'hanno fatta, e anche 5 operatori sanitari sono risultati positivi al Covid-19. Tra i degenti infettati c'è anche la madre di Francesco. La notizia è arrivata come una doccia fredda questo lunedì.
"Mi hanno chiamato dalla clinica per dirmi che mia madre è positiva al Covid - ci racconta - e adesso non riesco più a mettermi in contatto con i medici per avere sue notizie". La donna, di 71 anni, è arrivata nel centro alla fine di marzo, dopo un lungo periodo trascorso in ospedale. Durante i mesi di ricovero è stata sottoposta al tampone due volte, ed è sempre risultato negativo. Quando è stata trasferita alla Villa dei Pini per fare riabilitazione motoria, la struttura era già chiusa per parenti e visitatori. Francesco cerca spiegazioni: "Voglio sapere come è potuto succedere, mia madre è allettata, non ha contatti con nessuno se non con il personale sanitario". "Sono preoccupato, è l'unica mamma che ho - ci dice tra le lacrime - e non voglio perderla".
Francesco non vede sua madre da più di un mese. La vorrebbe abbracciare, rassicurare. Si sente frustrato e impotente. I due si sentono per telefono ogni giorno, perché la donna ha con sé un cellulare. "È una tortura", si sfoga, spiegandoci che è stato lui a comunicare all'anziana che si era positivizzata. "Nessuno le ha detto nulla, ma lei si era resa conto che qualcosa non andava quando l'hanno spostata di stanza", racconta. "Il trasferimento l'ha destabilizzata, continua ad implorarmi di riportarla a casa, ho il cuore a pezzi". Francesco non è la sola anima in pena che staziona davanti alla clinica. "Da dove è entrato il virus? Dalla finestra?", sbotta Marco. Suo padre soffre di una patologia invalidante, che gli ha tolto l'uso della parola, e così gli è negato persino il conforto di una telefonata. "In questi giorni tanti figli si preparano a rivedere i propri genitori, li invidio così tanto, io invece vivo con il terrore che da un momento all'altro qualcuno chiami per dirmi che papà non ce l'ha fatta", dice pochi attimi prima di lasciarsi andare ad un piano carico di disperazione.
Il boom di contagi ha tolto il sonno anche al sindaco di Anzio, Candido De Angelis. È una tegola in testa, caduta a pochi giorni dal 4 maggio, la data della ripartenza. L'antica città dei Volsci era stata toccata dall'emergenza sanitaria di sguincio: solo 9 anziati contagiati dall'inizio della pandemia. Ed era stato proprio De Angelis a battersi affinché la casa di cura Villa dei Pini non diventasse un centro Covid-19. La struttura si era candidata al bando regionale per l'allestimento di nuovi posti letto dedicati ai pazienti positivi ed aveva ottenuto il nullaosta. Una decisione calata dall'alto, scongiurata solo grazie alle insistenze del sindaco. "Ci siamo opposti all'attivazione del centro Covid perché la clinica è inserita nel tessuto urbano e si occupa anche di riabilitazione e diagnostica, quindi c'è un gran viavai", ricorda De Angelis. Il timore era che il virus potesse diffondersi. "Chissà cosa sarebbe successo se non ci fossimo opposti", ragiona con il senno di poi il sindaco.
Dopo la scoperta dei 23 casi di positività, è stata effettuata una seconda tranche di tamponi, 124 in tutto, ed hanno dato esito negativo. Una buona notizia, seguita da una di segno opposto. Se nella clinica la situazione rimane stabile, al di là del cancello le cose vanno diversamente. "Nelle ultime ore si sono positivizzati 7 concittadini in più - spiega il sindaco - e sono tutti parenti di persone che risiedono o lavorano nella clinica". Segno che nelle ore successive allo scoppio del focolaio si sono create nuove catene di trasmissione del virus.
Il primo cittadino adesso vuole vederci chiaro: "Abbiamo scritto una lettera alla Regione Lazio e alla Asl Roma 6 per sapere se sono state adottate tutte le accortezze previste dalla normativa regionale per la gestione di casi sospetti e confermati".
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