La Russia invade la Georgia

Le forze di Mosca avanzano nella Repubblica caucasica, che accusa: "Già conquistate varie città, fra cui Gori e Poti". Ma il Cremlino smentisce. L’appello di Saakashvili: "L’Occidente ci aiuti". Bush contro Mosca: "Vuole rovesciare Tbilisi"

La Russia invade la Georgia

Le armate russe sono penetrate nel territorio georgiano. Quanto a fondo, non è possibile saperlo: le voci si sono susseguite per tutta la giornata, in cui i carri armati di Mosca sono «virtualmente» arrivati fino alla periferia di Tbilisi. Fonti dell’ambasciata georgiana in Italia hanno detto che l’esercito russo era, nella serata di ieri, a 15 chilometri dalla capitale. Il presidente Mikhail Saakashvili ha invitato i suoi concittadini a mantenere la calma dicendo che «fino a domani, non vi è alcuna minaccia per Tbilisi».

Di sicuro le truppe del Cremlino hanno sconfinato, uscendo dalle regioni secessioniste, sia sul fronte dell’Ossezia del Sud, che su quello dell’Abkhazia. Se Gori, città natale di Stalin, sia stata conquistata, non è ancora chiaro, come non lo è per il porto di Poti. Su questo i due governi si sono sfidati a colpi di appelli e smentite: per i georgiani la città è caduta, mentre i russi dicono di non averla conquistata, nonostante l’abbiano ripetutamente bombardata nei giorni scorsi. Fino a stamattina era in mano georgiana, al punto che Saakashvili vi si è recato con i ministri degli Esteri francese e finlandese, Bernard Kouchner e Alexander Stubb. Il terzetto, però, è stato costretto a scappare dopo che elicotteri di Mosca hanno ripreso a sorvolare i cieli sopra la città minacciando attacchi. Una troupe della Cnn, appostata appena fuori della città, ha parlato di camion che la lasciavano ad alta velocità, carichi di persone che abbandonavano le loro case. Occupando Gori i russi avrebbero preso un importante snodo strategico: per la città infatti passa l’unica autostrada che unisce l’Est e l’Ovest della Georgia.

Sul fronte abkhazo, invece, l’invasione russa è testimoniata da un reporter norvegese che ha visto le truppe del Cremlino nella città di Zugdidi, abbandonata dalle truppe georgiane e dagli osservatori dell’Onu. «Abbiamo visto centinaia di soldati, regolari e irregolari, arrivare con i camion russi» ha detto l’inviato speciale della televisione privata Tv2. Sullo stesso fronte le divisioni corazzate sono arrivate anche fino a Senaki, cittadina a 40 chilometri dalla linea di demarcazione fra Georgia e Abkhazia. Da lì - stando alle dichiarazioni dello Stato maggiore russo - si sono ritirate nella serata di ieri. «Abbiamo soltanto occupato una base militare per impedire nuovi attacchi vero le due repubbliche separatiste» ha scritto il comando di Mosca in una nota.

Entrambi gli schieramenti ora si stanno riposizionando: l’esercito georgiano si è schierato a difesa della capitale mentre quello russo, che ormai conta più di 9000 uomini solo in Abkhazia (ovvero un’intera sottodivisione di paracadutisti appoggiata da 350 mezzi blindati), rimane in attesa di nuovi ordini da Mosca. Secondo fonti giornalistiche indipendenti, infatti, al Cremlino sarebbe ancora in atto una battaglia fra «falchi» e «colombe», ma l’orientamento prevalente sembra quello di «accontentarsi» dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia.

Chi non sembra esserne convinto e Saakashvili che ieri è tornato ad appellarsi all’Occidente perché intervenga in aiuto del suo Paese «la cui sovranità è stata violata». «I russi ormai controllano gran parte della Georgia - ha dichiarato -. Abbiamo bisogno di più che un aiuto morale». All’Onu, intanto, la Francia, presidente di turno dell’Ue, assieme ad altri Stati occidentali, sta per preparare una risoluzione per un immediato cessate il fuoco. Quella di ieri sarà la quinta riunione dei Quindici sulla crisi in Caucaso. Negli incontri precedenti non si è raggiunto alcun accordo. Sono anzi volate parole molto dure tra gli Stati Uniti, che appoggiano la Georgia, e la Russia, che protegge le repubbliche separatiste.

Washington, intanto, ha usato i propri aerei di stanza a Bagdad per far rientrare il contingente di 2mila soldati che il Paese caucasico aveva schierato in Irak proprio su richiesta statunitense. Il premier russo Vladimir Putin, che sta seguendo le operazioni delle truppe in prima persona, ha visto questa mossa come un attacco agli interessi di Mosca e ha duramente ammonito gli Usa affinché stiano fuori dal confronto. «Il sostegno che stiamo fornendo in questo momento» ha replicato Bryan Witman, portavoce del comando americano, «è nella forma di trasporto delle truppe dall’Irak e le notizie secondo cui vengono portati direttamente nel teatro degli scontri sono sbagliate. Stiamo solo rispettando l’accordo che abbiamo preso con il governo georgiano secondo il quale in caso di emergenza li avremmo aiutati nel ridispiegamento delle truppe». Bush, invece, ha di nuovo puntato il dito contro Mosca, parlando di «attacco inaccettabile».

Ma quello sull’aiuto dell’amministrazione statunitense non è l’unico giallo della giornata. Un altro punto controverso è la proposta di tregua stilata da Kouchner in qualità di mediatore dell’Unione europea e firmata da Saakashvili. Una proposta che i russi non avrebbero accettato. «La maggior parte dell'operazione per costringere la Georgia alla pace è stata portata a termine e ora il capoluogo sudosseto Tskhinvali è sotto il controllo delle forze russe», aveva detto in mattinata il presidente della Russia, Dmitri Medvedev, che oggi vedrà Sarkò per cercare una soluzione alla crisi e a Ferragosto incontrerà la cancelliera tedesca Angela Merkel in un incontro che era già in programma da mesi. «Non faremo la pace finché loro non tratteranno direttamente con le due repubbliche separatiste e garantiranno di non usare mai più la forza» ha tuonato Medvedev. La diplomazia è al lavoro: l’Alleanza Atlantica ha accettato la richiesta di Mosca di una riunione straordinaria oggi del consiglio Nato-Russia, mentre domani è prevista una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri della Ue.

Incerto anche il bilancio delle perdite: i profughi sono migliaia (i russi parlano di 40mila), sia in Georgia, con la città di Gori svuotata davanti all’avanzata russa, sia in Ossezia dove molti cittadini si stanno spostando nell’omonima repubblica del Nord.

Per quanto riguarda gli eserciti, le cifre continuano a inseguirsi: Saakashvili è stato costretto a rivedere al ribasso il bilancio delle perdite russe, passando da 80-90 aerei abbattuti a 18-19, numero comunque cinque volte superiore a quello ammesso da Mosca.

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