La Russia sostituisce Washington e detta le regole in Medio Oriente

Un instancabile Putin siede a tutti i tavoli e decide il futuro della Siria con il sì saudita. Tenendo a bada Iran e Hezbollah

Fiamma Nirenstein

Gerusalemme

Nel vecchio Medio Oriente l'Iran sta da una parte e l'Arabia Saudita dall'altra, Erdogan sta da una parte e l'Iran da un'altra, gli Usa sono la potenza suprema, la Russia viene in secondo piano. Nel vecchio Medio Oriente l'Egitto non ne vuole sapere di Hamas, perché fa parte della Fratellanza musulmana, e Israele è il nemico di tutto il mondo arabo a causa del conflitto israelo-palestinese. Ma il nuovo ordine mediorientale è come il panorama del deserto: stesso mare di sabbia che però disegna dune diverse di giorno in giorno. Se non hai la bussola, ti perdi.

Come si può interpretare l'incontro del re saudita con Putin, o quello di Erdogan con il presidente iraniano Rouhani? Non erano nemici? Lo ham-sin è un vento caldo e forte che spira in Medio Oriente, e oggi si chiama Vladimir Putin. La sua influenza sta velocemente sostituendo quella degli Stati Uniti. Gli Usa si sono bruciati e forse solo la decisione di fare saltare l'accordo sul nucleare con l'Iran potrà rimetterli in gioco. Ma Putin gioca a carte scoperte, e bene. Per esempio, ha respinto l'embargo chiesto da Turchia e Irak contro i curdi. Che gli importa? Non ce l'ha con loro, anche se i suoi amici li odiano. Il suo scopo è semplice e diretto: avere una presa sul futuro della Siria per preservare un affaccio armato sul Mediterraneo e in Medio Oriente. Quindi, tenere al potere Assad, gestire la presenza dell'Iran, essere il garante della palude mediorientale e, novità, trovare un ruolo importante nell'Opec, per il quale si parla di una sua vicepresidenza. Il presidente russo usa così le forze in campo: l'Iran e gli hezbollah, vincitori sul terreno siriano, non devono sognarsi di scavalcarlo sui rapporti utili, per esempio Israele o, adesso, i sauditi o gli egiziani. Putin, li ha coperti fino al consolidamento di Assad ma qui si ferma e rilancia. Ecco l'incontro storico col re saudita Salman: Assad continuerà a governare la gente che ha decimato con le sue mani e con i suoi gas. Così ha deciso la Russia, e cominciano a capirlo tutti.

Mosca ha compreso che l'Iran è un elemento destabilizzante per tutti e, non a caso, da quando gli iraniani con gli hezbollah occupano tutto il confine nord di Israele, Putin ha incontrato Netanyahu varie volte. Non vuole che qualcuno pensi che sostiene la politica imperialista e forse atomica degli ayatollah. Ha consentito che l'Iran e gli hezbollah dilagassero, ma ne contiene tuttavia le mosse. Prima che Obama sbagliasse tutto sulle primavere arabe e sulla Fratellanza musulmana, pagasse il conto in Siria e cercasse poi di recuperare con l'accordo iraniano, l'America dominava la scena: questo, donava al blocco sunnita un senso di superiorità e di potere. Tutto era diverso: il ruolo dell'Egitto e dei sauditi, della Turchia, il rapporto con Israele, l'Irak, lo Yemen, i curdi. Un puzzle che Washington sapeva comporre. Ora non più. Ma ecco all'orizzonte un convoglio di vetture, personaggi, bagagli monumentali, una fila di aerei reali pronti al decollo a Riad, quando il re Salman è volato coi suoi a Mosca. Fa freddo a Mosca, è scomodo per il re saudita decidere di spostarsi: 500 chili di bagaglio, 1.500 persone al seguito, cento membri della sicurezza, molte principesse, due Mercedes limousine, un ascensore.

Putin ha accolto l'ospite nella sala più dorata e pomposa del Cremlino: non si conoscono i dettagli dei colloqui, ma è evidente che sia stato un incontro strategico e di affari. Lo dimostra l'acquisto saudita del sistema missilistico S400 e il fatto che la Russia realizzerà, si dice, la prima centrale atomica saudita. E si è parlato molto di petrolio. Questo probabilmente vuole dire che Putin ha imposto il suo prezzo sull'eccessiva presenza iraniana nella regione. I sauditi non vogliono iraniani armati in Siria, in Irak, in Libano, in Yemen, non sopportano il loro uso del terrorismo. Salman, come gli altri sunniti, non ne può più del terremoto iraniano e vuole stabilità. In cambio Riad è pronta ad accettare Assad e anche a investire nella ricostruzione della Siria.

Putin è instancabile. Pochi giorni prima aveva incontrato Erdogan in Turchia. Anche questo è un altro evento storico, che fa il paio con un altro incontro di Erdogan, avvenuto proprio mentre Putin e Salman erano a Mosca, quello col presidente iraniano Hassan Rouhani. I due sono storicamente, cane e gatto: Erdogan supersunnita, capo riconosciuto anche se criptico della Fratellanza musulmana; l'altro è il presidente dello Stato sciita più importante del mondo. Nella vicenda siriana sono sempre stati su fronti opposti. Ma oggi «Iran e Turchia, due stati musulmani amici, sono la linea centrale della stabilità regionale», ha detto Rouhani all'incontro. Davvero? Al momento sono comunque la linea centrale dell'opposizione al movimento nazionale curdo. Insieme si sono nominati garanti della lotta contro il terrorismo citando l'Isis, Nusra, Al Qaida e il Pkk curdo. Soprattutto i curdi, che ambedue non vogliono vedere indipendenti e che Rouhani ha dichiarato sionisti e forieri di una nuova Israele in Medio Oriente. Orrore. I due condividono anche la riabilitazione del Qatar da quando i sauditi e gli Emirati hanno sanzionato come fomentatore di eccessivo odio lo staterello miliardario, padre di Al Jazeera e di molte strutture terroriste, come Hamas. Sia la Turchia sia l'Iran hanno rapporti di amicizia con l'organizzazione terrorista palestinese, che ora tratta con l'altra parte, quella di Abu Mazen. La riunione di riconciliazione è in corso al Cairo, e questo consente quindi ai Paesi finanziatori e fomentatori di mettere il naso anche a casa di Al Sisi. Da parte sua, anche il presidente egiziano ha aperto un canale politico ed economico con Putin, che ne aiuta la traballante economia. È per amor suo, si fa per dire, che i turchi siedono con gli iraniani, che Ankara si è riconciliata con l'Irak e che turchi e sauditi, i quali hanno interessi opposti, sono ora condiscendenti con Assad.

Una variabile odiosa agli americani. Che però al momento, non contano quasi niente. Semmai, Putin dovrà vedersela con gli interessi cinesi, che sembra allunghino le mani sulla ricostruzione siriana, un affare miliardario.

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