Anna Maria Greco
nostro inviato a Parigi
«La parisienne engagée» è stato il tema del Salon du pret à porter, che si è tenuto recentemente a Parigi. La quattro-giorni dell'appuntamento internazionale della moda femminile, dagli abiti agli accessori, ha puntato sul look della donna «impegnata».
Nel grande parco espositivo alle Porte de Versailles, che presenta 1.500 marchi e attira 42 mila visitatori 2 volte l'anno, l'organizzazione francese era impeccabile, le strutture innovative, efficienti, spettacolari. Ma quando si parla di moda, dal design ai tessuti, la creatività italiana si fa onore. Negli stand in cui buyers arabi, orientali, americani, indiani ed europei facevano i loro ordini per le boutique di tutto il mondo, il made in Italy era sempre apprezzato.
É in queste occasioni, forse più che sulle passerelle, che si colgono le nuove tendenze per la primavera-estate, il gusto della gente comune. Gli affari, dicono molti espositori, zoppicano un po', risentono della crisi. Però, c'è aria di ripresa. «Noi italiani - dice la romana Susanna Liso, stilista del marchio Le tartarughe, che ha spesso partecipato ad AltaRoma- nella moda manteniamo le posizioni, anche se la concorrenza dei francesi è forte. Il problema è che spesso ci dividono invidie, gelosie e non si pensa in un'ottica nazionale». La sua donna impegnata usa abiti comodi in cotone, viscosa e jersey, trasformabili e componibili, dalle fantasie vivaci a righe, grandi patchwork o fiori creati da pennellate sulla stoffa. Come nella collezione «Crociera», con i colletti annodati, i coprispalle-top e i corpetti di plissè.
Sulla necessità di fare gioco di squadra insiste anche Davide Fusaroli, amministratore delegato del marchio Paola Frani. «Il valore aggiunto delle aziende è quello umano, l'insieme delle persone che realizzano la creatività del made in Italy. Purtroppo, da noi la piccola impresa viene punita più che valorizzata e aiutata». Per far fronte alla crisi la griffe ha ridisegnato la struttura dell'azienda in modo da offrire prezzi più contenuti. Abiti fusion, con contaminazioni di vari Paesi per un'«esploratrice metropolitana» con camicie bianche dal collo tondo plissè, giacchini militari con intarsi orientali, abitini «sfogliatella» di rouches.
Il grande stand al posto d'onore, all'ingresso del padiglione «Atmosphère's» è di un altro marchio italiano di successo: Hache che, con la linea Ter et Bantine, ha come disegner la bolognese Manuela Arcari. In un antico exzuccherificio a Faenza l'industria G.F.M. produce modelli molto apprezzati anche dalle parigine. «Qui facciamo ottimi affari - dice sicuro il marito e manager della Arcari, David Agus- e l'organizzazione è molto buona».
Soddisfatto anche Guido Gubbiotti, che produce a Perugia il marchio Ood (Object Orient Design), con una collezione che punta sul total look. Stampe, tecniche di lavorazioni esclusive, come per il gilet di neoprene (usato per la muta da sub) e gli abitini dal quadrettato effetto optical.
Riccardo Bianco Levrin, imprenditore e consulente legale per tanti anni in Asia, con la moglie vietnamita Myan ha cominciato per hobby, innamorandosi del velluto, combinato con la seta. I buyers frugano curiosi tra le sue creazioni che sono un ponte tra Oriente e Occidente.
Anche quando i marchi sono stranieri sbuca fuori a sorpresa qualcosa di italiano. Colpiscono i tailleur dell'inglese Andrew Majtenyi? I tessuti sono di casa nostra. Divertono le borse lucenti di Matta, arrivate da New York? La creatrice si chiama Cristina Gitti.
Nell'altro padiglione, «Who's on next?-Prémiere classe» ecco sciarpe fantasiose, abiti, sandali e borse dell'italiana Sete di Jaipur.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.