La caffeina ha un evidente effetto protettivo contro la crescita delle cellule di melanoma umano. È questo il risultato di uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto superiore di sanità in collaborazione con i colleghi dell’IRCCS Istituto dermopatico dell’Immacolata di Roma, dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli, dell’Università di Ferrara, dell’Università di Roma Tor Vergata e dell’Università dell’Insubria.
Il lavoro è stato recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Molecules.
Scopo dello studio è stato quello di indagare gli effetti di uno dei composti bioattivi del caffè, la caffeina. La ricerca è stata focalizzata in particolare, rende noto l'Iss in una nota, sull’identificazione dei meccanismi attraverso i quali la caffeina svolge un importante ruolo protettivo contro alcuni tipi di tumori. Tali meccanismi infatti, benchè siano stati già descritti in letteratura, non sono ancora completamente caratterizzati a livello molecolare.
Un’analisi preliminare è stata effettuata in silico, quindi con procedure di simulazione del comportamento dei sistemi biologici attraverso calcolatori elettronici. Successivamente gli esperimenti sono stati condotti in vitro: i processi biologici sono stati dunque riprodotti in laboratorio, in provetta. E si è arrivati ad identificare un enzima della caffeina, la tirosinasi, preziosa arma nella battaglia contro i melanomi.
«Utilizzando approcci in silico e in vitro - afferma il dottor Francesco Facchiano, coordinatore dello studio effettuato nel Dipartimento di oncologia e medicina molecolare dell'ISS - abbiamo identificato una proteina che probabilmente gioca un ruolo fondamentale in questa azione benefica della caffeina, cioè l’enzima tirosinasi. Quest’ultimo, come è noto, ha una funzione chiave nella sintesi della melanina e svolgerebbe sia un’azione protettiva contro gli effetti del danno generato dai raggi UV, sia un’importante funzione di immunomodulazione. Infatti la melanina prodotta da cellule di melanoma umano esposte alla caffeina è risultata significativamente aumentata».
Il dottor Claudio Tabolacci, primo autore dell'articolo e ricercatore sostenuto dalla Fondazione Umberto Veronesi, sottolinea il ruolo chiave nella ricerca delle “Melanoma initiating cells".
«Molto importante è stata la scelta dei modelli cellulari – dichiara Tabolacci - che in questo studio sono le “melanoma initiating cells”. Queste ultime hanno interessanti caratteristiche di staminalità, tra le quali la capacità di conferire resistenza ai farmaci e la recidiva di un tumore. La caffeina ha significativamente ridotto la crescita di queste cellule». Non solo. «Abbiamo inoltre evidenziato – continua l’autore - il ruolo di molecole di segnale come IL-1β, IP-10, MIP-1α, MIP-1β e RANTES, la cui secrezione da parte di queste cellule in coltura è ridotta quando vengono esposte alla caffeina».
Come tutti i farmaci, anche la caffeina ha dei potenziali effetti collaterali, ma i risultati dello studio appena pubblicato, secondo l'Istituto superiore di sanità, aprono nuove ed interessanti prospettive nell’ambito della terapia differenziativa.
Si tratta, quest’ultima, di una cura finalizzata a far differenziare le cellule: un’arma utilissima visto che permette di colpire solo le cellule tumorali evitando la comparsa di recidive dopo il trattamento chemioterapico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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