Con il termine cefalea si indica un dolore che interessa la regione cranica, compresi il cuoio capelluto e il viso. Secondo i dati di un'indagine Censis del 2019, interessa circa un miliardo di soggetti (12%) dei quali 136 milioni solo in Europa. Si tratta della terza patologia maggiormente diffusa e le donne sono colpite tre volte di più rispetto agli uomini, in particolar modo nella fascia di età tra i 25 e i 55 anni. I pazienti dichiarano di avere in media circa dieci attacchi al mese che, se non debitamente trattati, durano 24-48 ore nel 46% dei casi, oltre le 48 ore nel 34,1% e meno di 24 ore nel 19,9%.
La cefalea può essere di tipo primario e secondario. Quelle primarie (a grappolo, emicrania, tensiva) sono disturbi autonomi e, nella maggior parte dei casi, vengono scatenate dall'interazione di più elementi, tra cui: stress fisico ed emotivo, digiuno prolungato, posture scorrette, variazioni ormonali, consumo di determinati alimenti, sbalzi climatici, alterazioni del ritmo sonno-veglia. Quelle secondarie, invece, sono la conseguenza di problematiche ben precise: sinusite, tumori cerebrali, ipertensione arteriosa, febbre, glaucoma, traumi cranici.
La cefalea a grappolo
Meno diffusa rispetto alla cefalea tensiva e all'emicrania, colpisce più di frequente gli uomini. La cefalea a grappolo si caratterizza per la presenza di un dolore intenso unilaterale alla testa. Gli attacchi dolorosi si verificano in maniera regolare ed hanno carattere periodico. Le fasi attive, chiamate "grappoli" o "cluster", durano da diverse settimane a mesi e si alternano a lunghi periodi di remissione. La durata di un singolo episodio varia da 15 minuti a tre ore e le crisi si presentano ogni due giorni o più volte nel corso della giornata. Ne esistono due tipologie: la forma episodica e la forma cronica, ovvero circa il 10% di tutti i casi.
Purtroppo non sono ancora note le cause della cefalea a grappolo che insorge quando si verifica una dilatazione eccessiva dei vasi sanguigni cranici, con conseguente pressione sul nervo trigemino. Alcuni studi hanno evidenziato come, durante un attacco, si registri molta più attività a livello dell'ipotalamo. Lo stimolo doloroso, dunque, potrebbe avere origine proprio in quest'area, per poi coinvolgere le vie nervose che si estendono dalla base del cervello fino al volto. Altre ricerche, invece, focalizzano l'attenzione su un possibile malfunzionamento delle terminazioni del ganglio sfeno-palatino. Si tratta di una struttura nervosa collegata al trigemino e alle vie nervose che conducono gli stimoli alle ghiandole lacrimali e alla mucosa nasale. Esistono, poi, fattori scatenanti, quali:
- stress ed emozioni intense;
- fumo di sigaretta;
- abuso di alcol;
- assunzione di determinati farmaci;
- alterazione del ritmo sonno-veglia;
- effetti del jet lag.
Il dolore tipico della cefalea a grappolo, oltre a colpire un solo lato della testa, è molto intenso, a tratti lancinante. Si localizza intorno all'occhio e allo zigomo e può irradiarsi alla tempia, al naso, alla mandibola, all'arcata dentaria o al mento. Altre manifestazioni includono:
- lacrimazione;
- ansia;
- rinorrea;
- fotofobia;
- iperemia;
- arrossamento del volto.
Un'altra tipologia di cefalea: l'emicrania
Una delle forme più frequenti di cefalea è senza dubbio l'emicrania, i cui attacchi si presentano con una frequenza assai variabile: da pochi episodi in un anno a 2-3 crisi alla settimana. La prevalenza è tre volte maggiore nelle donne infatti, ad esserne interessato, è il 18% del sesso femminile contro il 6% di quello maschile. Il dolore, che peggiora con il movimento, tende a sorgere nella parte anteriore o su un lato della testa, aumenta in maniera progressiva, per poi divenire pulsante e coinvolgere la regione frontale (fronte, tempie). Oltre all'algia intensa, altri sintomi associati a questa tipologia di cefalea sono:
- nausea;
- fotofobia;
- dolore addominale;
- frequente bisogno di urinare;
- sudorazione;
- brividi;
- pallore.
Esistono vari sottotipi di emicrania, tuttavia le due forme più comuni sono quella con aura e quella senz'aura. Con il termine aura si indicano un insieme di segni clinici neurologici reversibili caratterizzati da uno scotoma, ovvero un disturbo della vista che precede la crisi. Esso, molto probabilmente, è l'esito di un'onda di depressione corticale. Dieci-trenta minuti prima di un attacco, quindi, si verificano una serie di manifestazioni visive, tra cui: piccoli abbagliamenti, flash scintillanti di forma geometrica, perdita della vista in un'area limitata dell'occhio, oscuramento e annebbiamento del campo visivo. Talvolta il paziente può accusare difficoltà del linguaggio, rigidità del collo o delle spalle, formicolio di un'estremità.
Per ridurre la durata e la frequenza delle crisi possono rivelarsi utili i raggi di luce verde. La conferma giunge da uno studio pilota condotto presso l'University of Arizona Health Sciences Comprehensive Pain and Addiction Center. Dalla ricerca è emerso che l'esposizione a tali raggi ha ridotto l'algia del 60%, da 8 a 3,2 su una scala del dolore da 0 a 10.
La cefalea tensiva
Più frequente nelle donne, la cefalea tensiva si distingue per il dolore che solitamente interessa la nuca e che si estende anche alle spalle. L'algia è persistente, non pulsante, di lieve o di media entità. Essa può, altresì, essere sorda, "a fascia", a "casco" o come un cerchio che stringe. La durata degli attacchi varia a seconda delle forme di cefalea. In quelle episodiche, essi durano in media da 30 minuti a 7 giorni. Diverso il caso delle forme croniche, nelle quali l'algia si protrae nel tempo (ore, giorni, settimane, mesi) o addirittura può essere continuo. Diversi sono i fattori che scatenano la sintomatologia:
- stress: preoccupazioni, affanni quotidiani, lavoro prolungato. Tutte queste condizioni determinano un aumento della tensione muscolare;
- posture scorrette oppure scomode, specialmente se mantenute per periodi prolungati;
- ansia e depressione;
- abuso di farmaci analgesici: nel tempo questi medicinali tendono a perdere efficacia e, come effetto collaterale, può emergere proprio la cefalea tensiva;
- bruxismo: il digrignamento dei denti provoca una continua contrazione del muscolo temporale e, di conseguenza, alimenta la probabilità di soffrire di un dolore alla testa tensivo.
Le conseguenze della cefalea
Con la legge 81/2020 la cefalea è stata riconosciuta come una patologia cronica invalidante, tuttavia molti cittadini devono ancora fare i conti con numerose lacune informative. Purtroppo, come riporta Ansa.it, i dati emersi nella ricerca di Insite Consulting condotta nel 2019 e presentati nella campagna di sensibilizzazione "Colpo di testa. I tuoi diritti su emicrania e cefalea" avviata con il contributo di Teva, non sono affatto incoraggianti. Per il 60% degli italiani il mal di testa incide negativamente sulla salute e sul benessere. Il 40% si definisce esausto, il 28% depresso, il 28% triste.
Le conseguenze di questo disturbo, come ben si può ipotizzare, si riflettono anche su vive accanto ai pazienti. A risentirne maggiormente, infatti, sono proprio i figli. Non va meglio sul fronte diagnosi. Il 41% di italiani con cefalea dichiara di averne una dopo più di 2 anni, anche se, una volta che la patologia è stata presa in carico, affermano di essere soddisfatti (66%) della relazione con il medico curante.
Secondo Anna Lisa Mandorino, vice segretaria nazionale di Cittadinanzattiva, c'è ancora molto da fare per migliorare l'informazione e per orientare la persona ai servizi (centri cefalea accreditati). Solo in questo modo può essere garantito l'accesso alle terapie più innovative, in grado non solo di intervenire sui sintomi, ma anche di prevenirli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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