Rappresenta il 54% di tutti i gliomi. Chiunque può ammalarsi, anche se i dati statistici confermano che ad esserne maggiormente colpiti sono gli uomini di età superiore ai 50 anni. Il glioblastoma è molto probabilmente il tumore cerebrale più aggressivo che si conosca. Chi ne è affetto infatti, nonostante le cure, muore quasi sempre nell'arco di qualche mese. La neoplasia appartiene alla classe degli astrocitomi, ovvero una forma cancerosa del sistema nervoso centrale che origina da un gruppo di cellule della glia, chiamate astrociti. Il glioblastoma può insorgere in una regione qualsiasi dell'encefalo o del midollo spinale. Tuttavia si è osservato che negli adulti esso si localizza con maggiore frequenza in uno dei due emisferi cerebrali. Anche questo tipo di tumore è distinto in 4 gradi a seconda del potere di accrescimento. Va da sé, dunque, che un carcinoma di III o IV grado si espande con velocità e invade le regioni tissutali circostanti.
Il glioblastoma può essere primario o secondario. È primaria la neoplasia che, fin dagli esordi, appartiene al IV grado. Secondaria, invece, è quella che in una fase precedente si classificava come astrocitoma di grado I, II o III. Non si conosce l'esatta causa della sua insorgenza. Esistono solo condizioni favorenti, tra cui: sesso maschile, età superiore ai 50 anni, appartenenza alla razza caucasica, ispanica o asiatica, diagnosi di astrocitoma di tipo pilocitico, diffuso di basso grado o anaplastico. Campanelli d'allarme anche per alcune malattie genetico-ereditarie: neurofibromatosi, sclerosi tuberosa, sindrome di Von Hippel-Lindau e di Turcot. Alcuni ricercatori sostengono poi che determinati agenti infettivi (herpes virus umano e citomegalovirus) una volta raggiunte le cellule cerebrali, danno avvio al processo neoplastico.
I sintomi del glioblastoma dipendono dalle dimensioni e dalla sede della massa tumorale. Tra le manifestazioni tipiche il mal di testa, la nausea e il vomito sono correlati ad un incremento della pressione intracranica. Lo stesso può avere luogo per due motivi. Innanzitutto perché la neoplasia, accrescendosi, impedisce al liquido cefalorachidiano di fluire normalmente. E poi per la presenza di edema attorno alla massa cancerosa. Altri segni clinici comprendono: crisi epilettiche, problemi di memoria, vertigini, emiparesi (paralisi parziale di una sola parte del corpo), alterazioni della facoltà di pensiero. Ancora cambiamenti del comportamento, stanchezza o debolezza, anomalie del sistema neuro-endocrino. Questi ultimi si verificano nei bambini quando il tumore si forma in prossimità delle ghiandole endocrine ipotalamo, ipofisi o epifisi.
Una speranza nella lotta al glioblastoma è racchiusa nello studio condotto dai ricercatori del laboratorio di Genomica e Trascrittomica della Fondazione Pisana per la Scienza, nell'ambito del progetto 'Optical metabolic imaging of glioblastoma patient derived organoids to assess treatment response and disease progressior'. Per la prima volta gli scienziati, partendo da una biopsia umana, sono entrati nella neoplasia.
La stessa, come ha spiegato Chiara Maria Mazzanti coordinatrice del team, è stata fatta crescere in vitro per essere osservata mentre si sviluppava e per comprenderne i meccanismi. Un importante passo avanti per la scienza. La speranza, infatti, è quella di creare un modello in grado di studiare il modo in cui questo tipo di tumore risponde ai farmaci.
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