È la seconda forma più frequente per diffusione tra le cefalee primitive con una incidenza di circa l'11-12% nella popolazione adulta e sembra riconoscere una predisposizione famigliare. La prevalenza è tre volte maggiore nelle donne, infatti ad esserne interessato è il 18% del sesso femminile contro il 6% di quello maschile. L'emicrania, una delle tipologie più comuni di mal di testa, si caratterizza per l'intensità del dolore. Esso tende a sorgere nella parte anteriore o su un lato della testa e aumenta progressivamente, per poi divenire pulsante e coinvolgere la regione frontale (fronte, tempie). Il disturbo, il cui singolo attacco può durare alcune ore o nei casi gravi qualche giorno, si presenta con una frequenza assai variabile, da pochi episodi in un anno a 2-3 crisi alla settimana, compromettendo così anche seriamente la qualità della vita. Alcuni soggetti lamentano, altresì, nausea e sensibilità alla luce.
L'emicrania si distingue dalle altre cefalee per determinate caratteristiche. Innanzitutto l'unilateralità del dolore che colpisce un solo lato della testa e che è talmente intenso da ridurre o impedire le normali attività quotidiane. L'algia, infine, peggiora con il movimento. Esistono vari sottotipi della problematica, ma le due forme più comuni sono senza dubbio quella senz'aura e quella con aura. Con il termine aura si indicano un insieme di segni clinici reversibili neurologici caratterizzati da uno scotoma, ovvero un disturbo della vista che precede un attacco, esito molto probabilmente di un'onda di depressione corticale. Dieci-trenta minuti prima di una crisi di emicrania con aura, dunque, si manifestano sintomi visivi quali piccoli abbagliamenti, perdita della vista in un'area limitata dell'occhio, flash scintillanti di forma geometrica, oscuramento e annebbiamento del campo visivo. Talvolta il paziente può accusare difficoltà del linguaggio, rigidità del collo o delle spalle, formicolio di un'estremità.
Come già accennato uno dei sintomi tipici dell'emicrania è il dolore intenso, pulsante, a localizzazione unilaterale. Ad esso si associano spesso la nausea intesa come sensazione di malessere generale a cui può seguire il vomito e un aumento della sensibilità (fotofobia, fonofobia e/o osmofobia). La sintomatologia, che tende a scomparire spontaneamente e che ha una durata variabile dalle 4 alle 72 ore, include anche: brividi, pallore, algia addominale con o senza diarrea, frequente bisogno di urinare, diminuzione del livello di concentrazione. Non è raro che una crisi sia preceduta dai cosiddetti segni clinici prodromici, tra cui stanchezza, sonnolenza, cambiamenti d'umore e irritabilità. Quando il disturbo si verifica per almeno 15 giorni al mese, per un periodo di almeno tre mesi, viene definito cronico.
L'intensità, la durata e la frequenza degli attacchi di emicrania sono ridotti da raggi di luce verde. A confermarlo è uno studio pilota su 29 individui condotto presso l'University of Arizona Health Sciences Comprehensive Pain and Addiction Center e pubblicato sulla rivista "Cephalalgia". I partecipanti, già reduci da parecchi fallimenti terapeutici, sono stati sottoposti prima a 1-2 ore al giorno di luce bianca per 10 settimane. Poi, dopo uno stop di 15 giorni, a 1-2 ore al giorno di luce verde sempre per 10 settimane. Per tutto il periodo hanno compilato un diario di valutazione. Dall'indagine è emerso che l'esposizione alla luce verde ha ridotto del 60% l'algia, da 8 a 3,2 su una scala del dolore da 0 a 10.
In più l'86% dei soggetti con emicrania episodica e il 63% degli individui con emicrania cronica ha riferito un dimezzamento dei giorni degli attacchi. A ciò si aggiunge un significativo miglioramento della qualità di vita, del sonno e dell'attività fisica.
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