L'Italia è al 10° posto nella classifica mondiale in merito all’incidenza della peraita di capelli. La Pandemia e il lockdown hanno peggiorato la situazione. C’è infatti un forte legame tra Covid e l’aumento di peraita di capelli e non soltanto per chi ha contratto il virus, ma anche per chi ha vissuto e sta vivendo questo periodo di forte stress.
Ne abbiamo parlato con il dott. Mauro Conti, responsabile scientifico della HairClinic tra le più importanti società europee per la ricerca e la cura della calvizie, che da anni si occupa di questo problema: «Da non sottovalutare - racconta- visto che per venire incontro alle tante richieste di aiuto di persone che con il Covid hanno visto peggiorare in maniera importante la struttura dei loro capelli, abbiamo aperto una mail dedicata. Una specie di primo soccorso per tranquillizzare su un problema che non ha conseguenze per la salute, ma risulta altamente impattante sulla psicologia sia della donna ma anche dell'uomo, creando enormi disagi e imbarazzi». A questo proposito nella nostra intervista racconta anche come questa patologia tipicamente maschile, sia diventata con il Covid, sempre più diffusa tra le donne.
Dottore perché si perdono i capelli?
«Non esiste un solo fattore piuttosto una concomitanza di fattori, che possono essere ereditari o degenerativi. Per questo le cause variano da persona a persona. Ci sono però distinzioni importanti da fare. Possono esserci dei periodi in cui la caduta è più abbondante, questo fenomeno viene chiamato Teffluvium, ed è una causa che si manifesta episodicamente e su tutta la superficie del cuoio capelluto e a questa segue una ricrescita spontanea. Quando invece la peraita avviene in zone specifiche e comporta una diminuzione della qualità dei capelli dovuta al malfunzionamento o all’atrofizzazione del follicolo, parliamo invece di alopecia, (che può essere areata o androgenetica) o di calvizie. Per essere più chiari, i follicoli sono i vasi nei quali crescono i nostri capelli che se mal funzionanti, portano inizialmente ad un assottigliamento e poi alla caduta del fusto che non viene sostituito perché appunto ‘la pianta’ non è in grado di riprodursi. Anche in questi casi i fattori sono molteplici e vanno dalle cause genetiche ai problemi ormonali, quelli alimentari o all’uso di farmaci o anche al testosterone (un ormone steroideo -cioè di natura lipidica - del gruppo androgeno, prodotto nell’uomo in maggiore quantità dai testicoli, e in particolar modo dalle cellule di Leydig presenti al loro interno, e nella donna dalle ovaie, dove la produzione di testosterone è un passaggio intermedio per la secrezione degli estrogeni. In entrambi i sessi, una più piccola parte di testosterone viene rilasciata anche dalle ghiandole surrenali ndr) che è il vero killer per la peraita dei capelli, anche per quanto riguaraa le donne».
C’è stato in effetti un aumento importante di questa problematica nelle donne, perché?
Spesso si è portati a pensare che la perdita di capelli o la calvizie sia solo maschile, ma non è così. «L’alopecia femminile è molto più diffusa che in passato, e nel nostro Paese una donna su quattro convive con questo problema che crea un grosso disagio personale. Come per l’uomo, le cause sono spesso legate al nostro stile di vita. Uno squilibrio della tiroide, uno stress psicologico ed emotivo, la menopausa, l’uso di farmaci, diete squilibrate, un deficit vitaminico, il sovrappeso, sono i fattori più comuni che portano a questa complicazione che non ha un effetto transitorio come il Teffluvium, di cui parlavamo prima. Anche qui la questione va affrontata ad personam, perché nasce da un fattore diverso per ogni donna».
Come il Covid ha impattato negativamente sulla peraita di capelli?
«Con il Covid la calvizie ha subito un’impennata vertiginosa. L’OMS Europa, ha messo in guaraia sulle conseguenze psicologiche che la pandemia e il lockdown, fenomeni inediti e molto impattanti, hanno causato. I suoi effetti hanno creato un aumento esponenziale della perdita di capelli, visto che i follicoli sono estremamente reattivi alle situazioni di forte stress ed entrano in pausa biologica, generando una copiosa caduta. Pensiamo ai problemi economici, all’organizzazione della vita nella nuova prospettiva di limitazione, al fatto di essere stati a lungo chiusi in casa, al senso di precarietà costante che tutt’ora viviamo o ad una minore socialità, che ha generato uno stato d'ansia raramente visto prima d'ora. Spesso questa enorme mole è ricaduta soprattutto sulle donne che principalmente si sono occupato dell'organizzazione della vita familiare e lavorativa, riscontrando poi una caduta tre volte più copiosa del normale. E questo spiega anche, per tornare alla domanda precedente, come da patologia tipicamente maschile è diventata una problematica sempre più diffusa tra le donne».
Ha parlato di stress dovuto alla Pandemia, ma per chi si è ammalato di Covid?
«Ho in cura moltissimi pazienti che hanno contratto il virus e riscontrato problematiche importanti per quanto riguarda la caduta dei capelli. Se pensiamo all’esplosione di citochine che viene scatenata dal nostro organismo in contrasto al Covid, oppure ai problemi di respirazione che ne sono derivati. Il nostro corpo ha bisogno di ossigenazione e quando si è in carenza tutti gli organi ne risentano. Il sangue non apporta più il nutrimento ai follicoli che si atrofizzano. Per non parlare poi dei farmaci somministrati, le microtrombosi che si sono verificate o la veloce perdita di peso. Credo sia chiaro a tutti l’impatto che queste cose possono aver avuto sui capelli di chi si è ammalato».
Esistono in commercio centinaia di prodotti per la caduta dei capelli. Sono validi e come ci si deve muovere nella scelta?
«Quando si parla di una problematica seria come la calvizie androgenetica va da sé che la cosmetica, gli shampoo, le fiale o i massaggi non sono una cura, non possono lavorare attivamente sulla rigenerazione del follicolo e non hanno alcun valore medico. Probabilmente migliorano un capello secco e sfibrato, ma non possono agire sulla calvizie in modo determinate. È necessario inoltre prestare attenzione a chi regala false aspettative dopo un semplice check-up, o esame del capello, per poi proporre le famose "pozioni magiche" che di magico hanno poco. L’azione va mirata ai follicoli che, come dicevamo prima, sono i punti nei quali nascono e crescono i capelli. Prendere comuni integratori sperando che questi possano risolvere un problema che va affrontato a 360 gradi, è un’illusione».
Gli autotrapianti invece?
«A volte vengo a sapere di persone che si spostano addirittura dall’Italia verso Paesi come la Turchia per fare gli autotrapianti, ma la sola chirurgia non è una cura e non arresta l’evoluzione della calvizie. Di fatto l’autotrapianto di capelli copre un problema ma non tenta nemmeno di risolverlo. Statisticamente, la maggior parte dei pazienti sottoposti a solo autotrapianto, ha dovuto ripeterlo più volte nel corso degli anni, con risultati estetici quasi mai veramente naturali».
Quali possono essere, allora, i rimedi?
«La medicina rigenerativa ha fatto degli enormi passi avanti in questo ambito, soprattutto sulle Cellule Staminali (cellule che hanno la capacità, riproducendosi, di trasformarsi in altri tipi di cellule più specializzati ndr). Ci sono protocolli che partono proprio dal singolo problema personale, e usano le cellule del paziente per ‘risvegliare’ i follicoli dormienti che non hanno più la forza e i nutrimenti necessari per far ricrescere il capello. Questo non significa però che il follicolo sia morto, nella maggior parti dei casi il bulbo continua la produzione dei capelli che sono però più sottili e meno pigmentati (colorato) e l’effetto visivo è quello del diradamento. Nel tempo i nuovi capelli risulteranno sempre più deboli e il progressivo deterioramento dei follicoli ne impedirà la ricrescita. Su queste tecnologie innovative e sul rinnovamento cellulare è stato pubblicato anche uno studio su Nature. Oggi è possibile raccogliere in modo indolore Cellule del paziente ad alta capacità rigenerativa utilizzando macchine computerizzate dette separatori cellulari. La novità importantissima è la capacità di estrarre cellule e proteine anti-infiammatorie che, iniettate nel cuoio capelluto, spengono l’infiammazione dei follicoli in grado di causare la caduta dei capelli. La miglior tecnologia chiamata hCRP recupera oltre il 96% (media del 90%) di Cellule giovani. Per fare un paragone, la microprovetta il classico PRP (Plasma Ricco di Piastrine che è un prodotto di derivazione ematica, caratterizzato dalla forte concentrazione di fattori di crescita ndr) ne recupera solo tra il 2% e 20 % (media del 10%). Tra le Cellule Staminali interessate alla stimolazione troviamo le rare CD34+, progenitrici dei bulbi piliferi. Queste si trovano anche nella papilla dermica del follicolo e sono le principali responsabili anche dello sviluppo e della ricrescita del follicolo. Vengono prelevate direttamente dal sangue del paziente e dopo la lavorazione la concentrazione finale risulta essere ad alta densità di Fattori di Crescita attivi estratti da cellule giovani, che vengono reintrodotte nelle zone di diradamento».
Parlando di problematiche meno importanti del Covid, le tinture e i trattamenti che facciamo quanto influiscono sull’indebolimento del capello, se come diceva il problema nasce dal follicolo?
«È vero che il follicolo è il punto nel quale si crea la vera sofferenza dei capelli e la conseguente perdita, ma è altrettanto vero che le tinture, le decolorazioni e l’uso frequente della piastra possono indebolire ulteriormente i capelli già stressati».
Spesso quando si inizia a vedere una caduta più importante si pensa che tagliare i capelli possa rinforzarli.
È vero?«I nostri capelli non funzionano come i cespugli, piuttosto che come gli alberi che si potano e si rigenerano. Il taglio permette solo di eliminare la parte danneggiata e sfibrata dei capelli».
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