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Egoisti o altruisti? Dipende (anche) dall’amigdala

Uno studio dell’Istituto italiano di tecnologia e dell’Università statale di Milano ha dimostrato per la prima volta come le connessioni tra amigdala e corteccia prefrontale del cervello influiscano sui comportamenti

Egoisti o altruisti? Dipende (anche) dall’amigdala

Egoismo e altruismo dipendono non solo da fattori comportamentali e socio ambientali, ma anche da specifici elementi cerebrali. Protagoniste, in tal senso, sono le connessioni tra l’amigdala e la corteccia prefrontale del cervello.

Il tema è stato oggetto di uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia – IIT e dell’Università Statale di Milano e pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience.

Amigdala e corteccia, connessioni importanti

Gli esperti hanno scoperto le cause che regolano lo sviluppo di atteggiamenti di altruismo e di egoismo in ambito zoologico.

In particolare, il gruppo del dottor Diego Scheggia, coordinato dalla professoressa Monica Di Luca e dal professor Fabrizio Gardoni, entrambi docenti del dipartimento di Scienze farmacologiche e biomolecolari della Statale, e il laboratorio Genetics of Cognition di IIT, coordinato da Francesco Papaleo, hanno dimostrato per la prima volta il coinvolgimento delle connessioni fra l'amigdala basso laterale e la corteccia prefrontale del cervello.

L’attivazione fisiologica o meno di tali collegamenti influenza il manifestarsi di comportamenti rivolti alla ricerca del bene per sé o viceversa alla ricerca del bene per gli altri. Ed è questo che dunque potrebbe spiegare la variabilità degli atteggiamenti tra diversi soggetti.

L’amigdala, spiegano i ricercatori, è nota come il nostro centro emotivo. Nei soggetti più altruistici, i neuroni di tale componente si attivano maggiormente rispetto a quelli dei soggetti egoisti.

Nello specifico, nei più egoisti la diminuzione dell'attività dell'amigdala è legata alla mancata comunicazione con la corteccia prefrontale. Quest’ultima è quella zona che svolge un ruolo di controllo su molte altre funzioni cognitive, anche in ambito sociale. Dunque, alla base delle scelte egoistiche ci potrebbe essere un diverso funzionamento del cervello a livello di queste strutture.

Per verificare i fattori sociali che influenzano il grado di altruismo, i due gruppi di ricerca hanno condotto studi comportamentali su modelli animali, adattando test normalmente svolti con gli esseri umani. Un esempio è il dictator game, in cui un soggetto sperimentale può scegliere se condividere o meno il cibo con un partner. Gli scienziati hanno riscontrato maggior tendenza altruistica quando in un medesimo gruppo i partner si conoscono, quando c’è maggior interazione, quando uno dei due è affamato e quando ci sono maschi con rango sociale distante. In quest'ultimo caso infatti il soggetto dominante è più altruista verso il più subordinato.

Al contrario, aumentano i comportamenti egoistici quando a confrontarsi sono due esseri di pari gerarchia, per cui cresce la competizione.

Il coinvolgimento, invece, del circuito cerebrale tra l'amigdala basolaterale e la corteccia prefrontale nella regolazione tra altruismo ed egoismo, è stato dimostrato attraverso la chemogenetica. Il metodo, utilizzando molecole che si attaccano a siti specifici, permette di attivare o disattivare singoli circuiti cerebrali.

"Le interazioni sociali sono il fulcro delle nostre vite quotidiane e la maggior parte delle nostre azioni hanno una ricaduta su chi ci circonda", ha affermato Diego Scheggia in una nota dell’ateneo lombardo.

"In questo contesto – ha dichiarato Scheggia - il progetto di ricerca ha studiato come le azioni prosociali ed egoistiche vengano influenzate da numerosi fattori tra cui la posizione sociale occupata all'interno di una comunità organizzata, l'empatia, la familiarità all'interno di una relazione sociale e per la prima volta abbiamo dimostrato anche il ruolo del circuito cerebrale che coinvolge l'amigdalae la corteccia prefrontale".

Un aiuto per la cura delle patologie

I risultati dello studio aiutano a spiegare meglio i dati già presenti in letteratura ottenuti in ambito umano e gettano le basi per conoscere più approfonditamente malattie psichiatriche e del neurosviluppo che manifestano comportamenti sociali specifici come un'eccessiva socialità (altruismo) o al contrario un'estrema chiusura e assenza di empatia (egoismo).

"Il nostro prossimo obiettivo – sono le parole di Francesco Papaleo, responsabile del laboratorio di Genetics of Cognition di IIT - sarà analizzare come varianti genetiche che predispongono a patologie quali

autismo e schizofrenia, tipicamente associate a disturbi socio-cognitivi, possono influenzare queste funzioni sociali riportando alterazioni proprio nei meccanismi cerebrali scoperti".

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