Lo hanno chimato il "gene ecologico": permette ai neuroni di riciclare le proteine spazzatura. Senza la sua preziosa attività, i rifiuti si accumulano portando alla morte delle cellule nervose. Secondo i ricercatori dell'università di Copenhagen in Danimarca, dietro il Parkinson non ereditario si nascondono proprio dei cambiamenti funzionali nel gene immunoregolatore interferone beta (Ifnβ).
Così in uno studio pubblicato su 'Cell' e condotto sui topi, hanno dimostrato che la terapia con questo gene è in grado di impedire gli effetti della malattia e della morte neuronale in un modello sperimentale di Parkinson. Il cervello umano, è formato da circa 100 miliardi di neuroni. Fondamentali per la nostra vita.
Il gruppo guidato da Shohreh Issazadeh-Navikas, del Biotech Research and Innovation Centre dell'ateneo danese, ha scoperto le capacità da 'netturbioò' del gene interferone beta, un ruolo vitale per mantenere i neuroni sani. La sua attività, infatti, garantisce la corretta attività di riciclo delle proteine di scarto che invece, in sua assenza, si 'ammucchiano' in strutture chiamate corpi di Lewy, associate alla malattia.
Lo studio, sottolineano gli scienziati, offre uno dei primi modelli per il cosiddetto Parkinson non familiare e apre la strada a nuove possibilità terapeutiche. Per una malattia con la quale convivono all'incirca da 7 a 10 milioni di persone nel mondo, secondo le stime. Issazadeh-Navikas spiega che questo è uno dei primi geni che si ritiene causi la patologia non ereditaria e le sue caratteristiche cliniche ed è indipendente dalla mutazione genetica nota per le forme familiari di Parkinson.
"Introducendo
la terapia genica potremmo prevenire la morte neuronale e lo sviluppo della malattia. La nostra speranza è che questa nuova conoscenza consenta lo sviluppo di un trattamento più efficace per il Parkinson".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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