La soluzione è tanto semplice da sembrare perfino ovvia. Ma se l'anidride carbonica causa tanti problemi per il famigerato effetto serra, perché mai non risucchiarla con delle potenti turbine e farla sparire? È il principio su cui si basa una delle tecnologie che l'Economist considera più promettenti per il prossimo futuro, nella sigla inglese Dac (direct air capture, letteralmente cattura diretta dell'aria).
Nel corso del 2022 Carbon Engineering, gruppo canadese che è uno dei colossi del settore, inaugurerà in Texas il più grande impianto del mondo, capace di «catturare» 1 milione di tonnellate di CO2 l'anno. Un'altra società, la svizzera Climeworks, ha aperto vari impianti, nella Svizzera stessa, non lontano da Zurigo, in Islanda e un impianto pilota in Puglia, a Troia.
Il meccanismo di funzionamento è intuitivo: l'aria viene risucchiata in un ambiente controllato dove l'anidride carbonica viene «catturata» da appositi filtri. La parte purificata viene reimmessa nell'atmosfera, mentre l'anidride carbonica presente nei filtri viene depurata e immagazzinata. Potrà poi essere utilizzata per scopi diversi. In Svizzera viene utilizzata come fertilizzante; in Islanda viene impiegata in una centrale geotermica, mentre in Italia viene combinata con altri gas per produrre metano. Un procedimento alternativo di stoccaggio è trasformare la CO2 in roccia. Miscelata con acqua, viene immessa in profondità in basalti vulcanici contenenti minerali che interagiscono con l'anidride carbonica per formare carbonato di calcio, componente principale del calcare.
Fin qui sembrerebbe la storia dell'uovo di Colombo. Il vero problema con cui bisogna fare i conti è, però, il costo della «direct air capture». I processi di estrazione della CO2 dall'atmosfera assorbono una quantità di energia impressionante. Soprattutto a causa della bassa concentrazione di anidride nell'aria (siamo intorno a circa 400 parti per milione). Gli impianti devono dunque essere progettati per il trattamento di volumi di aria molto elevati con costi di cattura altrettanto alti.
Il risultato finale è che una tonnellata di CO2 assorbita costa tra i 500 e i 700 euro, cifra che per il momento appare ancora proibitiva dal punto di vista economico. Il miglioramento delle tecnologie utilizzate e un peggioramento dell'emergenza climatica potrebbero rendere competitivo il sistema.
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