«Abbiamo bisogno di un turismo di prossimità, in cui siano innanzitutto i siracusani e i siciliani a riscoprire il nesso tra la dolentissima, silenziosa Santa Lucia di Caravaggio e le pietre bianche della loro incantata città. Magari decidendosi a riportare quel quadro nel suo contesto d'origine: quella fascinosa chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, fuori dalle mura urbane, sul cui altare la volle il Senato di Siracusa nel 1608. Un luogo periferico e struggente, una chiesa intorno alla quale, al tramonto, giocano a palla i ragazzi poveri del quartiere: una situazione che sembra condensare l'idea di Pasolini (e di Roberto Longhi) del Caravaggio popolare, e rivoluzionario. È un nesso determinante, quello tra il quadro e lo spazio che lo ospita».
Proprio così: devo ringraziare l'amico Tomaso Montanari per avere interpretato perfettamente lo spirito di piena collaborazione tra un grande museo di arte contemporanea come il Mart di Rovereto (che nel 2014 ospitò la grande mostra su Antonello da Messina, curata da Ferdinando Bologna), e la città di Siracusa che, dopo averlo segregato nel museo di Palazzo Bellomo, ha precariamente esposto il Caravaggio nella chiesa di Santa Lucia alla Badia nel centro di Ortigia. Situazione comoda ma provvisoria perché, come forse non sa il Montanari, il dipinto è prepotentemente sovrammesso a una notevole pala di Deodato Guinaccia, ed è esposto a una umidità talora del 100 per cento. Per questo, in un incontro di circa un anno fa tra il presidente della Regione Siciliana, Musumeci, e il presidente della Provincia di Trento, Fugatti, io, da assessore alla cultura della Regione Siciliana diventato presidente del Mart, ho ritenuto di affrontare la questione, tanto a lungo dibattuta, della manutenzione e della messa in sicurezza del dipinto per ricollocarlo, proprio come auspica il Montanari, nella sede originaria di Santa Lucia al Sepolcro, la basilica fuori le mura nel rione della Borgata. Ritrovare Caravaggio dove Caravaggio pensò la sua opera. Così, fin da quel giorno lontano proposi un contributo all'ente proprietario, il Fec, Fondo edifici di culto del ministero dell'Interno, convocando l'allora sottosegretario Stefano Candiani. Proprio per questo l'opera, non essendo patrimonio della Regione, ma dello Stato, non è nell'elenco delle 23 inamovibili. Ora la procedura, lenta e laboriosa, è arrivata alla conclusione, con la condivisione dell'importante obiettivo da parte del Fec e della Curia di Siracusa, in armonia con la sovrintendenza diretta dalla sensibilissima Donatella Aprile. L'illuminato vescovo ha espresso parere favorevole al prestito, osservando che il restauro «non è più procrastinabile e diversamente non finanziabile». Questi complessi rapporti, sigillati dal Prefetto di Siracusa (che lucidamente considera il Caravaggio «patrimonio del mondo: gemellaggi e scambi sono sempre occasione di arricchimento»), non includono il Comune di Siracusa che non ha alcuna competenza sul patrimonio del Fec, così come non l'ha il sindaco di Firenze sugli Uffizi, museo di Stato. Tra l'altro Fabio Granata, che fu un tempo, prima di me, valoroso assessore della cultura della Regione, ruolo or ora assunto da Alberto Samonà, ha sempre condiviso l'obiettivo di riportare, con una teca climatizzata, il capolavoro di Caravaggio a Santa Lucia al Sepolcro: un'impresa alta e nobile. La evocata «cassetta» è rovesciata: i danari, per compiere l'impresa, vanno alla Sicilia, con vantaggio del potere civile e del potere religioso, per l'esposizione dell'opera e per il culto della santa. In questo punto il Comune diventa attore protagonista, per garantire sicurezza rispetto alla criminalità, in un'area periferica che dovrà offrirsi a un turismo nuovo e sofisticato. Proprio in questa prospettiva, la sovrintendenza di Siracusa, in accordo con la direzione generale dell'Assessorato alla cultura della Regione Siciliana, ha ritenuto di acquisire l'autorevole parere dell'Icr, Istituto centrale del restauro. Da assessore ai Beni culturali della Sicilia, avevo incaricato Silvia Mazza, seria studiosa, di predisporre già allora, come componente dell'Ufficio di Gabinetto, la formale richiesta di consulenza.
La proposta del Mart di Rovereto, città natale del grande archeologo Paolo Orsi (cui è dedicato il museo di Siracusa), in un dialogo fertile fra le due città, si qualifica come una mecenatesca sponsorizzazione che, caso più unico che raro in Italia, viene offerta da un'istituzione culturale. È forse la prima volta che un museo finanzia indagini diagnostiche e un intervento conservativo, reso necessario per le vernici alterate, per le modalità di stesura di queste ultime, per la presenza di una macchia di incerta origine sul retro, e anche solo perché sono trascorsi decenni dall'ultimo restauro, con la certezza che l'opera sia rimasta a lungo in condizioni microclimatiche proibitive, anche nella inopportuna sede attuale, come da indagini Crpr.
Se i musei italiani escono duramente provati dalla chiusura imposta per le misure di contenimento del Covid-19, il Mart è in grado di mantenere il suo impegno a favore, prima di tutto, dell'opera nella città che la custodisce. Con il coinvolgimento e le autorizzazioni di tutti gli attori, e un preventivo approvato di 350mila euro, che contempla il restauro e la teca, il Mart intende, come previsto da circolari e linee guida del Mibact, utili strumenti di indirizzo in tema di prestiti anche nella Regione autonoma, per un bene non di proprietà regionale, esporre il dipinto nei propri spazi museali, assumendolo a parametro della contemporaneità dell'arte, in dialogo con Alberto Burri (autore, in Sicilia, del Grande Cretto di Gibellina) e con Pier Paolo Pasolini. Nessun momento, per lo spostamento e la manutenzione del dipinto, poteva essere più propizio di questo, per l'inevitabile contrazione del turismo internazionale: è in previsione infatti tra il 26 settembre e il 15 ottobre 2020 quando, anche in tempi normali, la stagione turistica estiva sarà arrivata alla fine.
Mentre si levano ingiustificate polemiche, con interventi rozzi come quello del consigliere regionale Giovanni Cafeo, passato con Italia Viva a miglior vita, la provincia di Trento e il Mart hanno garantito un intervento concreto. Anche perché il presupposto dell'operazione non è la mostra a Rovereto. È proprio la manutenzione, al più alto livello, con la revisione del restauro, del dipinto di Caravaggio. Nella prospettiva, con la ricollocazione, di un grande rilancio della stagione turistica nel 2021.
In questo, corrispondendo pienamente con le buone intenzioni, legate alla tutela, del sempre vigile, anche se non sempre ben informato, Tomaso Montanari che, in merito al trasferimento di opere, ha legato il suo nome all'esportazione abusiva in America, al Metropolitan Museum di New York, dell'Adone di Antonio Corradini, di cui 2.500 cittadini italiani hanno chiesto la restituzione. Da Rovereto il Seppellimento di Santa Lucia tornerà trionfante a Siracusa. Da New York l'Adone non tornerà mai.
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