L'annuncio è stato da capogiro: Berlusconi sarà a Genova il 25 maggio. Né un giorno prima, né un giorno dopo, ma proprio l'ultimo giorno della campagna elettorale. Data che fa riflettere, perché il leader del centrodestra ha scelto la città della Lanterna per dare una scossa alle prossime amministrative. Niente Palermo, niente Verona, neppure Monza, e nessun'altra città dove la vittoria sembrava più probabile. Inequivocabile segno politico che anche a Genova tutto è possibile.
Questo è stato l'epilogo di una giornata che sembrava la vera «rivoluzione Arancione». Mica quella di Victor Yushenko capace di portare migliaia di persone sulle strade ucraine, ma quella voluta da Sandro Biasotti. E in quel contesto, ieri al palazzo Ducale la terza convention del suo movimento, quello arancione, quello «Per la Liguria» e quello che ha trascinato a palazzo Ducale centinaia di persone. Lì tutti insieme tra palloncini, bandiere, foulard, fiori e perfino 600 mila bustine di caffè da distribuire nei bar della città, preparate dal candidato Bonanno, per lanciare quella che sarà «la vera rivoluzione elettorale». Perché Biasotti lo spiega subito che tra i suoi 300 candidati, 295 sono veri neofiti della politica, e che tutti insieme daranno il contributo necessario per far vincere Enrico Musso e Renata Oliveri. «Perché insieme si vince» ripetono in coro tutti i candidati della Casa della Libertà presenti al gran completo. E se c'era bisogno di una prova, ieri la prova è arrivata: «Il nostro ospite d'onore è Claudio Scajola - annuncia tra gli applausi il leader arancione - perché noi abbiamo bisogno di un leader come lui e perché la casa delle Libertà ha bisogno di un movimento spontaneo come il nostro». Sì proprio lui, il presidente del Copaco, quello dei dissapori passati, quello delle immancabili frecciate. E anche ieri una se lè lasciata scappare, perchè lui Sandro Biasotti lo avrebbe voluto come capolista di Forza Italia, e ha voluto ribadirlo. Ma nessun attrito, e l'ex ministro di Forza Italia chiarisce «che se in passato ci sono state divergenze sulla tattica politica mai si è avuta divisione sul piano sostanziale», e di Sandro apprezza «anche il coraggio di questa sua ultima decisione». Coraggio, una parola ricorrente: «Voi presenti siete persone coraggiose» è l'omaggio di apertura dell'ex governatore alla folla che gremiva la sala del Maggior Consiglio. «Perché a Genova bisogna essere temerari per dichiararsi di centrodestra, perché siamo attaccati, controllati, additati, e voi siete qui per passione e non perché avrete qualcosa in cambio» continua il leader arancione, in una prima delle tante stoccate inflitte ai rivali di centrosinistra. E la gente applaude, si alza in piedi e trascina i relatori a lasciarsi andare a tratti di improvvisazione. «Gente vera e non truppe cammellate, né piena di quei funzionari servi del potere che quando ero ancora presidente erano in mezzo a voi ad applaudirmi» ribadisce l'ex governatore.
Ma la bomba arriva quando Scajola prende il microfono e annuncia l'arrivo di Berlusconi a Genova, e la platea già accesa si infiamma. Ma, non è finita perché la notizia ricca di un lampante messaggio politico è avvallata da previsioni incoraggianti: «Un nostro sondaggio ci dice che Marta Vincenzi oscilla tra il 48 e il 53%, al di sotto delle percentuali dei suoi partiti, e ciò significa che non vincerà al primo turno e tutto è ancora possibile» annuncia Scajola. Ma tra i bisbigli in sala c'è chi parla persino di un altro sondaggio, uno commissionariato da ambienti di centrosinistra, rimasto cautamente nei cassetti, e che darebbe Musso e Vincenzi davvero molto vicini. Un Musso che ancor prima delle dichiarazioni di Scajola si era già lasciato riscaldare dal calore dell'aula. Mai come in passato, si è mostrato aggressivo attaccando la rivale, «una certa stampa, alcuni opinionisti che si definiscono indipendenti ma che indipendenti non sono, il Comune che proprio ieri ha assunto 80 nuovi dirigenti e quei sondaggi sbattuti in prima pagina che non rispettano le procedure previste dalla legge perché sono falsi». Il tutto, finendo per lasciarsi scappare che «a questo punto della campagna elettorale per certi colpi bassi si è davvero incazzato».
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