Parma - Voleva resistere ma non poteva farlo a lungo. Raggiunto quello che considerava l’obiettivo - far ottenere a Parma dei fondi statali dovuti da mesi - ha affrontato il fuoco nemico, ed ormai anche quello amico, e si è dimesso. Pietro Vignali, sindaco di Parma ha gettato la spugna ieri sera, travolto dalla seconda tornata di arresti dell’inchiesta «Easy money». Impossibile proseguire oltre, nonostante il rimpasto di giunta: troppo «calda» l’estate che ha portato in carcere 15 persone fra cui un assessore, tre funzionari del Comune e il capo della Polizia municipale, oltre ad altri fedelissimi del primo cittadino. Mazzette per il verde pubblico con cui i suoi amministratori si sarebbero rifatti il proprio giardino, tangenti per truccare gli appalti delle mense scolastiche, perfino un i-Pad come regalia all’assessore alla Scuola Giovanni Paolo Bernini, l’ultimo «caduto» dell’affaire parmigiano.
Concussione, tentata corruzione; queste le accuse dei due filoni di indagine condotte dalla Guardia di Finanza. Le più odiose per un politico: per tutta estate Vignali, forte del principio per cui la responsabilità penale è personale, ha marciato, ribadendo la sua estraneità ai fatti, verso un traguardo che però era già segnato. Il sindaco è crollato ieri sera, affidando ad una lettera le sue prime parole dopo giorni di silenzio imbarazzato ed imbarazzante. «Nel mio interesse mi sarei potuto dimettere a giugno - scrive Vignali - ma bisognava portare a termine alcune opere indispensabili e garantire la realizzazione di eventi già programmati. Ora faccio un passo indietro e mi carico di responsabilità anche non mie». Mentre l’opposizione, dal Pd all’Idv, dalla Lega alla Lista civica dell’ex sindaco Elvio Ubaldi, di cui pure era stato il delfino, gli chiedeva di «staccare la spina», negli ultimi tempi a mostrare il pollice verso erano stati perfino i «suoi», così come molti «poteri forti» a lungo invece a lui favorevoli: dall’unione Industriali alla storica Gazzetta Di Parma.
Vignali aveva però ancora un obiettivo prima di abbandonare la nave: far ottenere a Parma il cospicuo «tesoretto» dei fondi «ex metropolitana», un gruzzolo di oltre 70 milioni fondamentali per ridare linfa al bilancio di un Comune ormai sull’orlo del collasso. Così, con un beau geste, dopo tanti atti meno nobili, si chiude l’era Vignali su Parma, con sei mesi d’anticipo sulle prossime elezione alle quali il sindaco aveva già chiarito di non volersi ricandidare. Parma ora avrà (forse e a rate) i soldi, dopo un lungo iter che imponeva la doppia approvazione del ministro Giulio Tremonti e del dicastero delle Infrastrutture. Ma soprattutto si conquista una nuova chance per tornare ad essere la città che i suoi stessi cittadini rimpiangono da anni. Ma i fondi «ex metro» potrebbero non bastare a sbloccare l’impasse in cui versano cantieri vitali per la città, come quello della stazione. Lo stanziamento rappresenta la contropartita alla non realizzazione della metropolitana, affidata fin dalla precedente amministrazione alla cordata Pizzarotti-Coopsette per circa 300 milioni. In una città che viaggia in bicicletta l’opera apparve da subito inadeguata.
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