![Esa & Planck / Sky Survey](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/12/1739377380-shapley-supercluster.jpg?_=1739377380)
Quipu, è stato chiamato così, con un nome Incas, il più grande ammasso di galassie mai identificato che si estende per più di 1,3 miliardi anni luce. Perché sì, l’universo si espande, ma all’interno ci sono sconfinate concentrazioni di materia. Per quanto possa sembrare strano è più facile individuare singole galassie che queste megastrutture, perché non sono abbastanza dense per mostrare un collegamento, uno schema dell’insieme.
Quipu, il nome è stato ispirato dagli strumenti di misurazione a nodi usati dagli Inca che ricordano la forma filamentosa del superammasso (questo è venuto in mente agli astronomi guidati da Hans Börinberger del Max-Plank-Institute für Extraterrestriche Physik, qualcuno lì deve essere appassionato di Inca). Per darvi un’idea della dimensione, considerate che l’estensione di Quipu è 13mila volte il diametro della Via Lattea (100mila anni luce). Oppure, altro numero: 200 quadrilioni di masse solari.
Il nostro cervello non riesce a immaginare dimensioni simili, idem per le scale temporali. Si è evoluto per avere a che fare con chilometri, metri, secoli, migliaia di anni, poca roba, un battito di ciglia, nemmeno. In ogni caso la scoperta di megastrutture del genere è importante per raffinare il modello standard dell’Universo perché può influenzare il fondo cosmico a microonde (il residuo “fossile” del Big Bang), la costante di Hubble, e la lente gravitazionale su larga scala (in termini cosmici), il tutto contenuto dentro la relatività di Einstein.
A proposito di Hubble: pensate che solo fino a un secolo fa si credeva che la Via Lattea, con il suo centinaio di miliardi di stelle, fosse l’intero Universo (è per questo che molte galassie si chiamano ancora “nebulose”).
Fu Edwin Hubble a scoprire che la nostra è solo una delle centinaia di miliardi di galassie dell’Universo visibile, e che l’Universo è in espansione.Ogni nuova scoperta ci rende sempre più piccoli e insignificanti. Paul Valéry scriveva, poeticamente: «Le stelle pensano: tu o un altro, a noi che ci importa». Figuriamoci se pensasse Quipu.
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