È la dimostrazione che anche se l'ufficio è a 5 metri dal mare, non tutto va necessariamente per il meglio. Perché dalla terrazza affacciata sul paradiso, un gruppo di ricercatori di Milano cerca di scongiurare l'inferno. Quello che si materializzerebbe se i cambiamenti climatici continuassero a mettere alla prova la barriera corallina delle Maldive. Questo il luogo di lavoro di Davide Seveso (nella foto) e Simone Montano, ricercatori milanesi dell'Università Bicocca sull'atollo di Magoodhoo, qualche centinaio di metri di sabbia bianca nell'atollo di Faafu. Ambiente paradisiaco di mari e barriere coralline, in cui nel 2009 su impulso del professor Paolo Galli nacque il MaRhe Center, centro di ricerca voluto da Bicocca, governo maldiviano ed Expo per monitorare lo stress della barriera corallina. «Dai quei giorni, sott'acqua è cambiato tutto: come se fosse scoppiata una bomba», sentenzia Seveso, vicedirettore del centro, 42 anni e 6 biglietti aerei solo negli ultimi 12 mesi per l'isola da sogno. «Il surriscaldamento dei mari, lo sbiancamento dei coralli e l'inquinamento hanno cambiato la barriera», con conseguenze dirette che sarebbe ingenuo circoscrivere a quelle spiagge. È infatti un po' il concetto del battito d'ali di farfalla che provoca un uragano altrove. «L'erosione della barriera corallina è un fattore di rischio per la biodiversità, basti pensare che un pesce marino su 4 vive associato ad essa. Gli stessi effetti che riscontriamo alle Maldive, li vediamo su coralli e organismi viventi nel Mediterraneo». Tra le oltre 100 pubblicazioni scientifiche realizzate con gli studi del MaRhe Center anche quelli sulle molecole antitumorali delle spugne associate ai coralli o all'ossigenazione delle acque. Lo stress causato alla semplice mitilicultura in Italia, con la presenza di enzimi antiossidanti o carbonio, è figlio degli stessi processi studiati alle Maldive. «Sull'atollo in cui arrivammo 15 anni fa vogliono costruire una pista per aerei. E l'agricoltura oggi riversa in mare fertilizzanti, crescono alghe che portano al degrado della barriera corallina».
Su iniziativa di Montano, è stata lanciata invece la campagna «Map the giant», che sta avendo un buon riscontro su social e tv di tutto il mondo e mappa i coralli giganti per analizzare i fattori di resistenza a inquinamento e surriscaldamento dei mari. «Veri monumenti naturali. Del resto, non si va in America per vedere le sequoie giganti?», prosegue Seveso. Che negli ultimi mesi ha visto arrivare a Magoodhoo anche tanti piccoli calciatori di Inter Campus, con il calcio come veicolo di progetti sociali: «Abbiamo sviluppato progetti di ripristino di coralli in habitat marini degradati, ma le difficoltà non mancano.
Siamo una realtà pubblica e anche per semplici acquisti dovremmo andare sulle piattaforme ministeriali e a volte ci si trova costretti ad arrangiarsi per accorciare i tempi». Quelli che le Maldive rischiano di non avere se, come sostengono certi studi, rischiano di essere sommerse a causa dell'innalzamento dei mari. Con ripercussioni che ricadrebbero su tutto il pianeta.
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