Ieri i mercati hanno fatto un capitombolo. Oggi il governo incontra le parti sociali. Sulla prima disgrazia si può far poco. Sulla seconda converrebbe intervenire. Al governo si chiede di far qualcosa per la crescita. Come prima cosa dovrebbe risparmiare l’acqua minerale degli incontri con Confindustria e sindacati. Basta. Stop. Nessuno può pensare che ci sia da queste parti un pregiudizio nei confronti delle imprese, quelle piccole in particolare, che ogni giorno fanno il loro mestiere e creano ricchezza per il Paese. Ma ci rifiutiamo di credere che la liturgia degli incontri ministeriali serva a qualcosa. Anzi è vero il contrario.
L’Italia è piena di tavoli, incontri, concertazioni, simposi, ma nonostante ciò (o grazie a ciò) è bloccata. Ferma. Il governo ha ovviamente le sue responsabilità. Evidentemente fa comodo condividerle con gli organismi intermedi. Ma chi l’ha detto che un accordo governo-Confindustria sia un bene per il Paese? Ne abbiamo fatti centinaia. E siamo al punto di partenza. Quando si dice che l’esecutivo deve osare l’impopolarità,intendiamo anche questo. Sono pagati per decidere e assumersi le responsabilità. Ci vuole la signora Marcegaglia per spiegare a Berlusconi che si potrebbero azzerare gli aiuti pubblici alle imprese e magari trasformarli in riduzioni fiscali? Ci vuole l’ottimo Guerrini (che lo scrive e lo dice da decenni) per dire che non si possono applicare ai barbieri gli stessi obblighi in materia di rifiuti pensati per l’Eni? Ma non prendiamoci per i fondelli. Meno acqua gasata. Il premier si lamenta giustamente che il nostro sistema legislativo e di governo è talmente farraginoso che gli impedisce di governare come si deve. Ebbene, la smetta allora di convocare e riconvocare un vertice dietro l’altro.
Ieri, sul Corriere della Sera , Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, hanno scritto un pezzo favoloso invitando il governo a tagliare la spesa pubblica e a non pensare alle patrimoniali: quelle del passato non hanno risolto nulla. Sul medesimo quotidiano, Maurizio Ferrera ha avuto il coraggio di dire che sulle pensioni si deve intervenire con forza. Il buon senso c’era, diceva Manzoni, ma se ne stava nascosto per il timore del senso comune. Così siamo messi anche oggi. Un primo servizio per la crescita del paese il governo lo otterrebbe se avesse il coraggio di abbandonare le liturgie, se avesse la forza (ma ce l’ha?) di disintermediare le organizzazioni di mezzo, per fare ciò che molti sanno e scrivono. Si parla tanto di liberalizzazioni. Alzi la mano chi è contrario. Ma veramente si pensa di farle con il consenso degli ordini, con la spinta del sindacato, con la forza della Confindustria? Dov’era Confindustria quando il governo si è trovato solo a combattere contro l’assurda statalizzazione della distribuzione dell’acqua attuata dal referendum? Nei convegni ci parlano di competizione, nell’urna degli affari loro. Bisogna «scriccare» per pensare al rilancio. Sergio Marchionne sa meglio di chiunque che produrre le auto in Italia è un casino: costa troppo, abbiamo regole infinite e rigidità. Messo alla corda, è andato direttamente dagli operai: o accettate il mio contratto, ha detto loro, o salta tutto. Un ricatto, dicono con qualche ragione i signori della Fiom. Non ha mediato, non ha cercato intese sottobanco. Ha posto la questione sul piatto con ruvida aderenza alla realtà. La politica economica di questo governo non ha alternative. O si libera dalla mediazione continua o è fregato. Cada in piedi, piuttosto. Se la politica della Seconda repubblica è vecchia, non si riesce a comprendere come la rappresentanza delle parti sociali, erede immutata della prima Repubblica, possa considerarsi giovane. La crescita, è ovvio, non si fa con decreto. Altrimenti ci vorrebbe relativamente poco: basterebbe scriverlo in un comma. Essa si fa sbloccando l’Italia, scontentando pochi, ma molto ben organizzati, e accontentando molti, ma mal rappresentati.
Diciamo spesso che a mare si dovrebbero buttare i nostri ordini professionali (e ne stavano ricicciando cinque nuovi), ma ci scordiamo che
quel tavolo lungo che contiene rappresentanti di governo, sindacati e imprenditori è l’ordine più conservatore dello status quo che si possa immaginare. Qualche telefonata in più e un po’di acqua minerale in meno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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