«Se qualcuno non ci aiuta questo bambino morirà»

Da tre anni è in Italia, in attesa di un donatore di midollo. Il piccolo Mohamed, tunisino, 5 anni, è nato con una rara malattia genetica che lo rende immunodepresso e cagionevole. Per questo è in cura al centro di Oncoematologia pediatrica del San Matteo di Pavia: tre giorni alla settimana sono dedicati alla terapia, Mohamed si presenta in ospedale alle 7 e mezzo, si accomoda sul lettino con i giochi che medici e infermieri del reparto hanno preparato per lui e rimane fino alle sei di sera con un ago infilato nella spalla.
«Il midollo di Mohamed, a causa di un’alterazione cromosomica, non produce piastrine, globuli bianchi e cellule del sangue - spiega Marco Zecca, direttore della clinica di Oncoematologia del San Matteo - Queste terapie gli permettono di sopravvivere ma il trapianto è l’unica soluzione».
Già il trapianto. Non è facile trovare un donatore compatibile per midollo. Mohamed ha una sorella di 12 anni, una madre e un padre, nessuno di loro presenta questo tipo di affinità. «A Genova c’è un registro nazionale informatizzato dei donatori di midollo - spiegano in ospedale - Ma finora non c’è stato nessuno compatibile con Mohamed, sarebbe più facile trovare qualcuno con le stesse caratteristiche fra i tunisini ma in Africa non esiste un registro». Per questo il San Matteo di Pavia divulga l’appello fra le comunità nordafricane e non solo: se qualcuno volesse aiutare il piccolo Mohamed può farlo cercando di scoprire se ha un midollo compatibile con quello del bambino. «La prima cosa da fare è un prelievo di sangue in un centro Avis o in un ospedale - confermano dal San Matteo - Con l’esito dell’esame si scopre se c’è compatibilità. L’intervento di donazione si fa in anestesia, in day hospital, il midollo si preleva con una siringa e dopo 15 giorni si autoriproduce, insomma non è un’operazione invasiva, non lascia alcuno strascico nel donatore».
Mohamed vive a Pavia da tre anni in un appartamento trovato dell’associazione Agal (Amici del bambino leucemico), non può frequentare l’asilo per via dei ripetuti ricoveri in ospedale ma spera di poter andare a scuola l’anno prossimo. E di fare amicizia con i nuovi compagni come sua sorella che ha 12 anni e va alle medie. È stato il papà, professore all’Università di Sfax, a trovare l’ospedale di Pavia, a informarsi, a contattare l’associazione e i medici. Ha preso un’aspettativa all’università per poter seguire il figlio ma qui in Lombardia è senza un lavoro e senza uno stipendio. Conosce quattro lingue, ha sempre insegnato contabilità e finanza, oggi si offre «per fare qualsiasi lavoretto», chi volesse aiutarlo può contattare il numero 331-69.34.633. L’università di Sfax lo riassumerebbe anche subito ma lui al momento non ci pensa «è troppo importante stare vicino a Mohamed» e sostenere la moglie. Mohamed ha avuto un’altra sorellina, affetta anche lei dalla stessa malattia genetica, la piccola però non ce l’ha fatta: è morta all’età di un anno. Subito dopo è arrivato Mohamed, stessa alterazione cromosomica, stesso dramma.

La sua vita è appesa a un filo, un’infezione potrebbe ucciderlo ma intanto lotta, tre giorni li trascorre in ospedale con un tubicino infilato nella spalla. Sa che così gli arrivano le medicine che gli permettono di combattere le malattie e che un giorno farà un intervento e sarà completamente guarito.

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