"Il Gattopardo"? Miagola

Il libro, denso nella prosa e nell'analisi psicologica, carico di suggestioni suggerite con lievissimo tratto, non è certo facile da portare sullo schermo

"Il Gattopardo"? Miagola
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Scherza coi fanti ma lascia stare i Principi di Salina, duchi di Querceta, marchesi di Donnafugata... Ovviamente tutti riuniti nella persona enorme di don Fabrizio Corbera, protagonista indiscusso del romanzo Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Questo è quello che si potrebbe dire, senza troppa cattiveria, guardando la nuova serie Netflix che dal romanzo è ispirata. Per carità il libro, denso nella prosa e nell'analisi psicologica, carico di suggestioni suggerite con lievissimo tratto, non è certo facile da portare sullo schermo. Per di più l'impresa è stata portata avanti da Luchino Visconti nel 1963, disponendo di un cast potentissimo: Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, Paolo Stoppa, Romolo Valli...

Lasciamo stare le inutili modernizzazioni di trama con l'insistenza sulla figura di Concetta, e anche le scelte di fotografia che, nel confronto con Visconti, trasmettono una sensazione triste da spaghetti western. Il colpo al cuore più forte è dato proprio dall'interpretazione di Kim Rossi Stuart del Principe di Salina. Non si tratta semplicemente di capacità attoriali ma anche di physique du rôle.

Il «Principone» del romanzo è un omone che piega le monete con le mani, un elegante orso anche se ha nello stemma un Gattopardo. Per questo Lancaster era perfetto. Kim Rossi Stuart è un Tancredi Falconeri invecchiato, il pensoso e rissoso principe astronomo non gli poteva riuscire.

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