Una storia (vera) di amicizia e di spionaggio. In streaming arriva "Una spia tra noi"

Tra realtà e storia, la nuova miniserie di Sky racconta la Guerra Fredda attraverso un racconto efficace ma che pecca nel ritmo della narrazione

Una storia (vera) di amicizia e di spionaggio. In streaming arriva "Una spia tra noi"

Tutto ciò che riguarda il mondo delle spie è una realtà che è costruita sulla menzogna e sulle bugie. Essere una spia significa perdere se stesso e indossare i panni di un altro solo per uno scopo ultimo, di cui non è detto che possa essere a fin di bene. Le spie vivino in menno a noi anche in tempi più moderni e non solo in epoca di conflitti e di guerre fredde. E, sull’argomento, sono tanti i film e le serie tv che hanno cercato di raccontare cosa significa essere un agente segreto. Nessuno mai, però, si era spinto così oltre come ha fatto Una spia tra noi, la nuova miniserie di Sky (disponibile in streaming anche su Now) che arriva in tv dal 17 luglio, nel pieno di questa lunga estate caldissima. Una serie che miscela i fatti realmente accaduti e la pura finzione narrativa per cercare di raccontare cosa vuol dire essere un agente segreto e lavorare al servizio della propria Nazione, a discapito di una vita tranquilla e serena. Ma non è tutto, perché la serie che arriva sui nostri schermi cerca anche di esplorare qualcos’altro, e non solo il mondo patinato e pericoloso di una spia al servizio di sua Maestà.

Una spia tra noi è anche un racconto di amicizia, una storia di un’amicizia fraterna e viscerale tra due uomini che sono costretti a mentire e a ingannare pur di preservare il proprio legame. Durante la guerra fredda e le sue fasi più accese ha fatto molto discutere ciò che è accaduto a Nicholas e Kim. Di mestiere, per l’appunto, sono due spie che lavorano per l’MI6 ma uno dei due è accusato di essere un affiliato del KGB. E lo show, tra inganni, segreti e colpi di scena, cerca di raccontare la vita di due amici che si proteggono a vicenda solo per salvare il legame che li unisce. Dal ritmo lento e didascalico, Una spia tra noi colpisce per quell’immagine degli anni ’60 e su un mondo sull’orlo del baratro.

Lealtà, fiducia e tradimento

In una esclusiva di Sky e Now, la serie ricostruisce gli equilibri sociali e politici della guerra fredda, e i legami tra il blocco americano e quello sovietico in un gioco audace di inganni e segreti. Al centro della narrazione c’è la complessa relazione amicale di Elliott (Damian Lewis), ufficiale dell'Intelligence per l'MI6, e il suo caro amico e collega Kim Philby (Guy Pearce). Quest’ultimo nel 1963 decide di disertare la Russia dopo aver lavorato segretamente come doppio agente per il KGB. L’amicizia tra i due protagonisti, coì forte e sincera, è la prospettiva attraverso la quale viene raccontata una pagina importante, ma dimentica, dei torbidi rapporti che c’erano tra la Russia e l’America. Quella dei due agenti è una storia di lealtà, di fiducia e ovviamente di tradimento. Il comportamento di Kim ha avuto conseguenze devastanti, non solo sulla sua amicizia con Nicholas, ma anche e soprattutto sui delicati equilibri politici e sociali, danneggiando l’immagine dell’intelligence britannica e quella americana. In un viaggio tra passato e presente, la miniserie (un episodio ogni lunedì) cerca di ricostruire i drammi della guerra fredda attraverso la storia di due spie legate da un rapporto quasi fraterno.

Un puzzle di idee troppo complesso

Niente di obsoleto e di proibito. La storia di Una spia tra di noi cerca di delineare i contesti sociali e politici in cui ha vissuto l’Europa durante i periodi bui dell’asse Usa-URSS, cercando di raccontare anche le implicazioni sociali, politiche e economiche di un conflitto freddo che stava per cadere in una guerra all’ultimo sangue senza vincitori e vinti. La miniserie, pur affondando e riverberando fatti realmente accaduti, cade più spesso in contraddizione, componendo un puzzle poco incisivo e di difficile fruizione che si perde in lungaggini narrative tanto da appesantire la storia. Nella serie, però, c’è anche del buono. Attraverso la ricostruzione degli interrogatori dei due protagonisti e una serie ben mirata di flashback, che tendono a fotografare le fasi della amicizia e dell’attività spionistica - iniziata nel 1940 - tra Nicholas e Kim, la storia delinea le personalità dei due uomini che loro malgrado si trovano al centro dell’indagine. Soprattutto mette in mostra le ideologie dell’MI6, il clima socio-politico che si respirava negli anni ’60 e, naturalmente, le motivazioni (presunte) del tradimento da parte di Kim.

Quei favolosi anni ’60 e la Guerra Fredda

La serie è stata creata dal produttore e sceneggiatore di Homeland , celebre spy-drama con Clare Daines, ed è liberamente ispirata alla storia vera delle due spie britanniche e amici di vecchia data qui interpretati, per l’appunto, da Damian Lewis (già visto nelle prime tre stagioni Homeland e nel thriller societario di Billions) e Guy Pearce (celebre per i ruoli in Memento, Omicidio a Easttown e Domino). In Una spia tra di noi sono in totale stato grazia, riuscendo a convincere lì dove la narrazione è forzata e fin troppo didascalica. Ma, più di tutto, a convincere è la rappresentazione del lifestyle dell’epoca, che è capace di mostrare al pubblico i tempi del boom economico e del grande fermento sociale che si respirava nel mondo, il tutto raccontato attraverso gli spettri di una terza grande guerra che avrebbe potuto cambire, ancor di più, i traballanti assetti geo-politici. Un’immagine vivida che ricorda quei favolosi anni ’60 ma che mostra anche il lato oscuro del secondo "rinascimento".

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Prima della fiction c’era la storia vera di Nicholas e Kim

C’è un motivo per il quale la serie è così realistica nei temi e nelle situazioni. Una spia tra di noi è liberamente ispirato al romanzo-inchiesta di Ben Macintyre dal titolo A Spy among Friends: Kim Philby and the Great Betraya (ancora inedito in Italia e più volte in vetta alla classifica del New York Times bestseller) che mette in scena, per l’appunto, la vicenda al limite del legale tra Kim e Nicholas. L’autore, che di professione è anche opinionista e abile conoscitore della politica inglese, nel suo libro cerca di riverberare i complessi assetti del secondo dopo guerra attraverso la storia di due spie, realmente esistite, che hanno messo in serio pericolo la loro amicizia pur di salvare l’integrità del paese. La fiction, anche se si prende molte libertà, conserva il cuore del racconto. Nella realtà, Kim Philby (morto a Mosca nell’88) è stato un agente segreto britannico. Da sempre comunista, fu al servizio del KGB e del corpo diplomatico del Regno Unito. È erronea la convinzione che fosse un agente al servizio del Regno Unito che a un certo punto della sua carriera tradì i suoi ideali. In realtà era comunista convinto e fu da sempre al servizio dell'URSS, per la quale lavorò ben prima di ricoprire cariche nell'establishment britannico.

Nicholas Elliott, invece, era un ufficiale dell'intelligence dell'MI6. La sua carriera è stata notevole ma ha avuto una battuta di arresto per il suo coinvolgimento nell'affare Lionel Crabb negli anni '50 e, soprattutto, per la fuga dell’agente Kim Philby a Mosca nel 1963.

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