Serio o spiritoso, colorato o burocratico È l’immortale cartello «chiuso per ferie»

Si trovano per lo più nei negozi dei quartieri periferici o semiperiferici, perché in centro il cosiddetto negozio di vicinato è quasi scomparso, soffocato dalle grandi catene. Sono i cartelli «chiuso per ferie», una delle poche cose che, in un mondo cambiato così vorticosamente in pochi anni, conserva il sapore delle vecchie estati. Un po’ come il ghiacciolo arcobaleno, il tamburello e la Fiat 127 con il portapacchi carico di vettovaglie. Multicolori e spesso fantasiosi, come dimostra il composé fotografico qui sopra, scattato ieri per le vie di Roma, questi cartelli in fondo rappresentano un vecchio modo di intendere il commercio: quello in cui i commercianti erano uomini e non grandi marchi internazionali, in cui la domenica si chiudeva e l’estate tanti saluti a tutti, in cui la clientela si conosceva e quindi si salutava prima di partire per il meritato riposo. E qualcuno il messaggio, anziché scriverlo al computer con qualche immagine tipicamente estiva scaricata qui e là, lo verga ancora a mano.

Come quello nella foto più grande in alto, scattata alla serranda di un fotografo di Ostia: «Aò, ma nun sei stanco? Frate’, ’namose a riposa’, se ribeccamo lunedì 20 agosto». Con tanto di gustoso ps: «Taja ch’è rosso!». Più estivo di così... \

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