«Ho dei piccoli vizi che si sono protratti nel tempo». Scherza Vittorio Sermonti. Il saggista, narratore, attore, regista, poeta, e traduttore romano di stanza a Milano è felice di tornare a uno dei suoi «vizi» preferiti: la lettura dei classici. Dopo il successo delle Lecturae Dantis - 150mila presenze tra Milano, Bologna e Firenze - Sermonti leggerà nella Basilica di Santa Maria delle Grazie «uno dei dieci grandi libri dell'umanità»: l'Eneide di Virgilio.
Si comincia lunedì alle 21, e c'è da scommettere che il pubblico di ogni età non mancherà di affollare come in passato le panche della chiesa di corso Magenta. «L'Eneide letta e raccontata da Vittorio Sermonti», un'iniziativa promossa da Progetto Italia Telecom fino al 12 ottobre, proporrà ai milanesi il testo integrale del capolavoro virgiliano. Ricalcando la fortunata formula dantesca, ogni sera Sermonti leggerà il testo di Virgilio. I dodici libri (capitoli) in cui è suddivisa l'Eneide saranno affrontati in 24 serate: metà libro per ogni sera, per un'ora di lettura.
«All'atteggiamento disfattista di molti, rispondiamo che Milano è viva e che risponde bene alle sollecitazioni culturali - ha ribadito Andrea Kerbaker, amministratore delegato di Progetto Italia e scrittore -. Dopo il successo degli anni scorsi con le letture dell'Iliade e dell'Odissea organizzate in Santo Stefano con l'università statale e dopo il fortunato ciclo dantesco, abbiamo chiesto al Sermonti di cimentarsi con l'Eneide». E al poema latino, scritto per celebrare la Roma di Augusto tra il 29 e il 19 a. C., hanno aperto le porte i domenicani delle Grazie: padre Virgilio Ambrosini, da una settimana priore della Basilica, ribadisce che «siamo attenti a promuovere una cultura che manifesti la più dignitosa espressione del mondo e che il testo di Virgilio si è prestato, nei secoli del medioevo, anche a un'interpretazione cristiana». Nessuna polemica dunque per una lettura «pagana» in un tempio cattolico, ma tanta voglia di ascoltare - in anteprima - la traduzione dell'Eneide firmata da Vittorio Sermonti, che uscirà a breve per i tipi di Rizzoli. «Ogni traduzione ha pregi e difetti. Ce ne sono in giro di buone, ma molte rifuggono la bellezza. Il motore più travolgente del poema è la bellezza del ritmo e, modestamente, sotto questo aspetto la mia traduzione è splendida», scherza Sermonti, da istrione qual è. Che il suo sia stato un lavoro certosino e filologicamente corretto non vi è alcun dubbio; ma allo studio si è unita una passione quasi viscerale per Virgilio. Inevitabile il confronto con Dante: «Virgilio è più accessibile e non ha la complessità teologica, filosofica e cosmologica dell'Alighieri. Il suo è un discorso con diverse incongruenze: non dobbiamo dimenticare che l'Eneide è un'opera incompiuta e alcune parti paiono quasi appunti di testo da sviluppare in seguito».
Al bando poi i noiosi ricordi liceali di un Enea «pio» e troppo debole dinnanzi alle vicissitudini del Fato: «L'eroe di Virgilio lotta, provoca e patisce dolore: è un uomo investito della missione di fondare l'Italia e per adempiere al suo compito rinuncia all'amore per Didone, la bella regina di Cartagine. È un eroe moderno», commenta Sermonti, proponendo una lettura dell'opera virgiliana che diventa ancora più significativa alla luce della data del primo incontro pubblico, previsto l'11 Settembre. «L'Eneide è il poema della patria - spiega -.
C'è una patria perduta (Troia, da cui Enea fugge), una patria di altri, quella dei popoli latini con cui Enea deve venire a patti, e una patria promessa, che nasce dalla mescolanza di gente diversa». Più moderno di così.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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