«Barabitte e barabitti, strangugliotti e maddezzuppi, valdomiri e ponterbi e voi prodi baldostenghi, benvenuti alla grande lovertanga carnacialesca. Finchè mi ricordo questa cosa qui, vuol dire che Alzheimer ancora non ha colpito...». Ettore Andenna ha 78 anni, una moglie, Diana, da 44 anni, 7 figli (4 con lei, due dal primo matrimonio, e uno «extra conosciuto 8 anni fa perché la mamma me lo aveva tenuto nascosto. Ed è stato un bellissimo incontro». Indimenticabile mattatore di «Giochi senza frontiere» (è quello che ha presentato più puntate al mondo, ben 103), 57 anni vissuti tra radio e tv, anima di trasmissioni che hanno fatto la storia della televisione dalla «Bustarella» alla tv dei ragazzi con autori come Enzo Tortora, Bianca Pitzorno, Gino Tortorella, giusto per fare qualche nome. E che nome.
Quante trasmissioni ha fatto?
«Nel 2000, l'ultima volta che le ho contate, erano settemila».
Andenna, non saranno ormai in tanti a ricordarsi di quel ritornello che introduceva Dirodorlando. Correva l'anno?
«Era il 1973. Gli autori avevano italianizzato le parole da un grande libro celtico, inventando questo linguaggio un po' da avatar. Il sabato pomeriggio, facevamo 10 milioni di spettatori, di cui 7 milioni di ragazzi 3 milioni di adulti».
Altri tempi, è uno share oggi da ultima serata di Sanremo o da Champions. Oggi è tornato in radio con una trasmissione che parla di musica, «Radioliscio». Come va?
«È stato un boom, che non ci aspettavamo. È iniziata a novembre, mi hanno chiesto di fare una trasmissione come facevo 50 anni fa. E a quanto pare piace».
Che cosa passate?
«C'è una scaletta con musica da liscio delle grandi orchestre da ballo attuali. Io scelgo i vintage. Tutti vinili della mia raccolta, che colleziono dall'epoca di Radio Montecarlo, quando ero responsabile dell'angolo american».
Una collezione da paura.
«Ricevevo le lacche dei Beatles, quando il disco non era ancora finito. Arbore e Boncompagni mi odiavano perché a loro arrivano tre mesi dopo. Passo 12 brani per ogni ora di trasmissione. Peu bla bla e beaucoup de music come mi diceva Noel Coutisson a Radio Montecarlo».
Si diverte?
«Moltissimo, due ore volano. Mi sembra di vivere la seconda o terza giovinezza»
La prima invece a quando risale?
«Ho cominciato con Radio Montecarlo. 12 dicembre 1977. C'era ancora il principe Ranieri e Grace Kelly. Ho fatto per i colori del Principato la gara off shore più lunga del mondo, da Londra a Montecarlo nel 1972 in 14 giorni. E abbiamo vinto. (ride) Una follia di gioventù».
Che ci faceva a Montecarlo?
«A Milano frequentavo un corso serale al teatro Filodrammatici, perché mi interessava la regia. Mi aveva spinto mia mamma. Di giorno vendevo automobili. Avevo lasciato l'università, Biologia, mi sarei laureato 20 anni dopo. Era il 1967, un giorno arriva un signore, Noel Coutisson, con la sua pipa e il suo francese, cercava nuove voci. Faccio un provino. Mi richiamano: partimmo io e mia madre. Non avevo mai visto un microfono. Ci sono rimasto per 11 anni».
Quanti anni aveva?
«Ne avevo 21. Il primo anno e mezzo è stata dura. Il 25 del mese non avevo più soldi. Fino a quando nel 1969 mi hanno proposto di fare la voce italiana sul circuito del Principato di Monaco. E lì è nata una grande passione. E non solo perché mi hanno pagato 5 mesi di stipendio in 4 giorni di lavoro, ma mi hanno anche instillato il virus della Formula 1. Due anni poi sono diventato il commentatore ufficiale di Radiomontecarlo, e dopo per Telemontecarlo, fatto sta che mi sono vissuto la Formula 1 fino al 1983. Sono stato direttore di Montecarlo sat, la tv satellitare e anche direttore generale di Telemontecarlo».
Quando è arrivata la tv dei ragazzi?
«Tortorella mi chiama per sostituire Febo Conti in Scacco al re. Faccio il provino con De Sica, Sorrentino e Emilio Bonucci. Alla fine restiamo io e Bonucci. La Rai che allora era la Rai, ci fece fare due numeri zero della trasmissione per decidere. E scelsero me. Feci 3 anni di tv dei ragazzi con 33 puntate di scacco al re e poi Dirodorlando. Un successo».
Uno dei successi, come «La bustarella» e poi «Giochi senza frontiere».
«Beh, ho inventato trasmissioni come Gli affari sono affari e per non copiare me stesso, La Bustarella la facevo con i pacchi. Com'è che si chiama quel programma che fanno oggi in Italia? Non si chiama Affari vostri? Il produttore di quel programma nel 1978 era il mio assistente di scena alla Bustarella, fa parte delle cose della vita...»
Come fa parte di cose della sua vita quell'elogio di Berlusconi. Com'è andata?
«Mi stimava molto e me lo disse a un pranzo politico a Torino nel '97, era il 4 aprile, mi ricordo anche il giorno. Si venne a sedere al mio tavolo. Ci è rimasto tre ore. Ce la siamo raccontata, la tv, le barzellette, alla fine mi prende sottobraccio e mi dice: Sa che nell'82 io le ho sparato contro cose che non erano mai andate in onda in Italia, i film di James Bond, le prima soap opera. Vincevo in tutta Italia ma non tiravo giù mille spettatori alla Bustarella. E pensare che era un gioco nato in autostrada».
In che senso?
«Il 29 luglio 1977 con Tortorella stavamo andando a fare il numero zero di una mia tourneè estiva. Ci blocchiamo per un incidente sull'autostrada. Cino mi dice, invece di stare qui a perdere tempo, perché non ci inventiamo una trasmissione da fare su Antenna 3?. Avremmo cominciato a lavorarci il 3 novembre... Quel 29 luglio è una data importante perchè oltre a essere nata La Bustarella, la sera ho conosciuto quella che oggi è mia moglie, faceva da valletta a una serata presentata da Pippo Baudo. Era bellissima, pensavo fosse straniera parlava con finto accento spagnolo, ho cercato di fare il galletto e lei non mi ha filato per niente. Tanto è vero che pesavo che il numero di telefono che mi aveva dato fosse falso. Invece...».
Invece?
«Dopo due anni è capitolata. Oggi sono 44 anni che siamo insieme».
Antenna 3 è stata una rivoluzione nel panorama delle tv.
«Si sono inventati la tv più all'avanguardia in Europa sia come mezzi tecnici che come programmi. Renzo Villa con Enzo Tortora andarono a cercare un gruppo di personaggi ai quali diedero carta bianca. A me dissero qui dovete poter fare quello che da altre parti non vi farebbero fare».
Cosa guarda in tv oggi?
«(ride) Formula Uno, Luna Rossa, film, un po' di telegiornale. Nient'altro».
Intrattenimento?
«Zero. Non lo sopporto. Trovo che non ci sia più la spontaneità, il rispetto per quello che per me è stato indispensabile, il pubblico. Basta vedere d'estate. Giochi senza frontiere è stata per 35 anni la trasmissione dell'estate. Faceva cifre spaventose».
Tipo?
«Tipo quella del 6 settembre 1978. Finale di Montecatini Terme con Milly Carlucci. Abbiamo fatto 19 milioni e 200mila spettatori in Italia, 105 milioni in Europa».
E perchè non fa più tv?
«Sono stufo di rispondere alla domanda ma perchè la Rai non ti fa lavorare. Sono figlio della Rai, mi ha creato quando si chiamava mamma-rai, poi mi ha abbandonato davanti a un orfanatrofio e non so perché, non me lo sono mai spiegato.
Mi hanno detto che ho sempre precorso i tempi. A un certo punto mi sono seduto e ho detto vediamo se ora i tempi mi raggiungono. Invece no. Ho ancora delle idee divertenti che possono valere anche quattrini, ma non ho più interlocutori».
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