Settant'anni senza Joyce (ma in simpatica compagnia di Molly Bloom)

L'autore dell'«Ulisse» moriva il 13 gennaio del 1941 a Zurigo. Vittima della censura e del perbenismo irlandese, lo scrittore di Dublino ha lasciato in eredità capolavori assoluti come «Gente di Dublino» e un monologo «femminista» ancora oggi tra i più rappresentati a teatro

È uno degli scrittori più rappresentativi del Regno Unito. E, più in generale, di tutto il Novecento europeo. James Joyce, l'autore di grandi libri come «Gente di Dublino» e «Ulisse», moriva a Zurigo il 13 gennaio del 1941. Quindi sono settant'anni che siamo orfani di una delle «guide» più illuminanti del labirintico sogno novecentesco. Anticonformista e molto critico nei confronti della società irlandese, James Joyce è nato a Dublino nel 1882 da una famiglia cattolica. Nel 1898 Joyce si iscrive all'University College di Dublino dove studia lingue moderne, in particolare francese e italiano. Manifesta ben presto il suo carattere anticonformista rifiutando di sottoscrivere una protesta contro «La contessa Cathleen», un dramma di William Butler Yeats, per alcuni diffamatorio nei confronti dell'Irlanda.
Il 31 ottobre 1902 Joyce consegue la laurea. Nell'estate del 1904 incontra Nora Barnacle, originaria di Galway, un porto della costa occidentale d'Irlanda. Una donna alla quale legherà il suo destino, anche se tra alti e bassi, tanto che nel 1931 la sposerà. La persuade ad accompagnarlo nel continente, dove intende insegnare l'inglese. Lo scrittore e la sua compagna lasciano l'Irlanda nell'autunno. I due iniziano, così, i loro lunghi soggiorni nel cuore dell'Europa. La coppia passa alcuni mesi a Pola, quindi nel 1905 si trasferisce a Trieste, dove Joyce finisce per trovare lavoro: insegna l'inglese alla Berlitz e dà lezioni private. Conduce una vita dissipata, beve molto. Nel nuovo secolo firma i suoi libri di maggior successo, tra i quali spiccano su tutti «Gente di Dublino» del 1914, «Ritratto dell'artista da giovane», la cui prima edizione risale al 1904, e «Ulisse» pubblicato nel 1922 da una bizzarra coppia di americane che avevano aperto la libreria Shakespeare & comopany nel centro di Parigi. Ubicazione strategica, visto che il libro è rimasto per molti lustri impubblicabile (causa censura) nel Regno Unito e in America.
Nella raccolta «Gente di Dublino» propone le sue esperienze vissute a Dublino, della quale fa una spietata e penetrante analisi mettendo in evidenza, attraverso le famose epifanie la stagnazione e la paralisi della città. Il racconto più celebre, tra tutti, è «I morti», diventato un film nel 1987. «Ritratto dell'artista da giovane», in alcune edizioni italiane «Dedalus», è il risultato di una difficile gestazione. La prima stesura risale al 1904, la quale si trasformò a sua volta nel romanzo incompiuto «Stefano eroe», che diventa lo scheletro di «Ritratto dell'artista da giovane».
La storia è di carattere autobiografico e racconta la crescita di un ragazzo attraverso l'infanzia e gli anni del collegio fino al suo abbandono dell'Irlanda. Il giovane inizialmente ha una vocazione religiosa, che poi rifiuta per seguire quella artistica. La sua maturazione interiore coincide con la maturazione dello stile nell'opera. «Ulisse» doveva essere un racconto di «Gente di Dublino», ma l'idea venne abbandonata. Nel 1914 Joyce inizia un romanzo che terminerà sette anni dopo, nell'ottobre 1921. Dopo altri tre mesi dedicati alla revisione, «Ulisse» esce il 2 febbraio 1922. Il romanzo si articola in diciotto capitoli, ognuno dei quali ha delle caratteristiche peculiari nello stile, occupa una particolare ora della giornata ed è un parallelo con l'Odissea, come i personaggi stessi, che restano comunque delle parodie. Ad ogni capitolo sono associati anche un colore, un'arte o una scienza e una parte del corpo. Joyce userà anche la tecnica del flusso di coscienza.
Una tecnica utilizzata nella narrativa che consiste nella libera rappresentazione dei pensieri di una persona così come compaiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi. Si servirà di molte allusioni e citazioni storiche e letterarie, combinando così la scrittura caleidoscopica con l'estrema formalità della trama.
La trama è molto semplice, racconta la giornata e i pensieri di un agente pubblicitario irlandese, Leopold Bloom, in giro per Dublino, della quale Joyce riesce a dare una precisa descrizione toponomastica e topografica, soffermandosi soprattutto sullo squallore e sulla monotonia della vita dublinese. Ma soprattutto i luoghi e i nomi funzionano da correlati di rimandi estemporanei a fatti ed emozioni sia del narratore che dell'autore. Una tecnica narrativa che frutterà una delle poetica più riuscite del Novecento letterario: lo stream of consciousness (flusso di coscienza).
Il romanzo però ospita anche uno dei monologhi più celebrati della letteratura femminile.

È quella della moglie di Leopold, Molly. Ancor oggi questo monologo è tra i testi più rappresentati nei teatri europei (e non solo). Un banco di prova per tutte quelle giovani attrici che aspirano alla consacrazione artistica.

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