RomaLa scommessa è tutta lì: riuscirà Angeli e demoni a battere il record del Codice da Vinci, coi suoi oltre 750 milioni di dollari incassati al box office? Con simili cifre in ballo non si può sbagliare. Per questo la Sony, che lo produce, ha voluto fare le cose in grande, trasformando Roma nel trampolino mondiale di lancio del nuovo Vatican-thriller di Ron Howard tratto dall'omonimo romanzo di Dan Brown. Il libro nasce prima dell'altro, ma al cinema suonerà come un seguito, anzi un «sequel», per dirla nel gergo hollywoodiano. Oltre 300, tra carta stampata e tv, i giornalisti internazionali volati sabato qui per officiare il fastoso cine-rito, in un clima di febbrile curiosità. Il 13 maggio Angeli e demoni esce a tappeto in buona parte del pianeta, il 15 negli Usa, ma è il giudizio di queste ore che conta per capire se l'operazione funzionerà secondo le attese, magari col solito contorno di controversie, polemiche, reazioni sdegnate, silenzi diplomatici, iniziative legali. C'è già l'esposto di un vescovo centenario volto a «denunciare il contenuto denigratorio e offensivo» del film. Una manna per il marketing. Infatti alla conferenza stampa in vista dell'anteprima mondiale di stasera, Ron Howard ha facile gioco nel dirsi «dispiaciuto, ma non sorpreso» di fronte all'atteggiamento delle gerarchie ecclesiastiche, le stesse che un anno fa negarono alla troupe l'uso di due chiese. Spiega: «Mi aspettavo complicazioni e pressioni. Non di meno, mi sento spiritualmente religioso, credo ci sia la mano di qualcuno nella creazione. Vedete, io e Dan Brown non siamo un'accolita di calunniatori del Vaticano. Avrei voluto mostrare il film a qualche esponente della Chiesa. Non hanno accettato. Sono venute solo critiche pregiudiziali. Mi dispiace. Se poi qualcuno pensa d'essere offeso da Angeli e demoni, meglio che non vada».
Solo stasera il direttore dell'Osservatore Romano vedrà il film insieme al pubblico scelto della prima. Ma pare di capire che rispetto al mediocre Codice da Vinci, decisamente più indigesto ai cattolici, toccando esso un dogma della fede, la parola d'ordine sia: sdrammatizzare. Da entrambe le parti. Del resto le modifiche apportate dicono qualcosa: ad esempio, nel romanzo il camerlengo al centro della vicenda è figlio naturale del Papa, sullo schermo diventa adottivo. «Tutto è così inverosimile che alla fine diventa pure divertente», commenta un prete cinefilo ammesso alla proiezione per la stampa.
Chi ha letto il romanzo sa di cosa stiamo parlando. C'è un pontefice, abbastanza somigliante a Wojtyla, assassinato con un farmaco; una setta massonica ad alto tasso tecnologico, gli «Illuminati», che, per vendicarsi della sorte riservata agli scienziati dalla Chiesa secentesca, ruba un cilindro di antimateria al Cern di Ginevra e la trasforma in bomba atomica, piazzandola da qualche parte in Vaticano; c'è un intero conclave che sta per saltare in aria mentre fatica a trovare l'accordo sul nuovo Papa. Poi ci sono quel camerlengo troppo bello e quieto, un alto porporato che allude a Ratzinger, quattro cardinali candidati al Soglio rapiti, marchiati a fuoco e uccisi orribilmente a intervalli di un'ora; soprattutto il tempo che stringe mentre il professore di simbologia Robert Langdon (Tom Hanks) e la scienziata Vittoria Vetra (Ayelet Zurer) provano ad anticipare le mosse della congiura anti-cattolica, correndo da una chiesa allaltra di una Roma splendida e minacciosa, sotterranei inclusi. Una specie di frenetica caccia al tesoro, tra «ambigrammi» (scritte leggibili anche capovolti), omaggi a Raffaello e al Bernini, echi del processo a Galileo, frasi del tipo: «La religione è imperfetta, ma solo perché l'uomo è imperfetto».
Seduti al tavolo, Dan Brown, Pierfrancesco Favino, Ayelet Zurer, Ewan McGregor, Ron Howard e Tom Hanks rispondono alle 45 domande previste, anche alle più buffe o incongrue, come quella sulle qualità della Lancia Delta molto fotografata. «Ho fatto un thriller ispirato alle meraviglie di questa città. Ma spero che il film inviti le persone anche a riflettere sulla propria fede», azzarda il regista.
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